Il caffè ha imparato a farlo senza problemi. Loretta Ceccato, cuoca ufficiale della canonica di Caldogno, lo conferma. D’altronde, don Jean Joseph Fane parla fluentemente italiano, ci mancherebbe che non avesse imparato a preparare come si deve un buon caffè.
Quarantotto anni e nato a Kati, in Mali, don Jean Joseph risiede nella canonica di Caldogno dallo scorso novembre. Si tratta del secondo prete africano che svolge in Diocesi l’incarico esclusivo di collaboratore pastorale. Il primo è stato don Mukasa Apeatro, dal 2018 inserito nell’Unità pastorale di Bolzano Vicentino, Lisiera e Quinto.
«Ho conosciuto la Diocesi di Vicenza durante i miei studi a Roma, in teologia biblica – racconta don Jean Joseph -. In questo periodo, tra il 2009 e il 2012, ho dato una mano nella parrocchia di Lonigo, dove ho conosciuto don Vittorio Montagna e don Simone Stocco, in quegli anni parroco e vicario parrocchiale. Da loro ho ricevuto un bell’esempio pastorale e con don Simone ho mantenuto i contatti quando è stato trasferito come parroco a Rettorgole». Finiti gli studi a Roma, don Jean Joseph ha iniziato un dottorato in Francia per poi tornare nella sua Diocesi, a Bamako (capitale del Mali) per insegnare in Seminario. «Dopo 21 anni di ministero e visto che in Diocesi le vocazioni non mancano ho chiesto al Vescovo di poter tornare in Italia – prosegue il prete -. Avevo bisogno di un po’ di pausa e riprendermi dello spazio per la mia spiritualità. Così ho preso contatti con don Simone, le due Diocesi hanno stipulato l’accordo ed è partito il progetto». Partito da «una Chiesa giovane ancora in costruzione», qui in Italia don Jean Joseph ha trovato «una Chiesa già molto organizzata, con un laicato che si impegna tanto. Rimarrò qui per tre anni, che potranno essere rinnovati. Sono sicuro che conoscerò ancora meglio la vitalità della Diocesi di Vicenza e che sarà un’esperienza arricchente anche per la mia Diocesi in Mali».
Sono in tutto 9 i preti africani residenti in Diocesi di Vicenza. Una presenza cresciuta rispetto a 10 anni fa, visto che nel 2011 erano 6 (provenienti da Madagascar, R. D. Congo, Egitto, Ghana e Congo Brazzaville).
I preti africani attualmente residenti, fatta eccezione per don Jean Joseph fane e don Mukasa Apeatro, svolgono un servizio di collaboratore pastorale nelle parrocchie dove risiedono perché studenti o perché incaricati dell’assistenza religiosa delle comunità cattoliche di immigrati africani. Uno di questi è don Emmanuel Korsah della Diocesi ghanese di Techiman che arriverà ad Arzignano in settembre, come comunicato dalla cancelleria vescovile a fine giugno, per sostituire il confratello don Martin Gyan Obeng, incaricato dell’assistenza religiosa degli immigrati africani anglofoni. Della comunità formata dagli immigrati africani francofoni si sta invece occupando don Narcice Sanou, classe 1985, prete dal 2014 e proveniente dall’Arcidiocesi di Bobo-Dioulasso, in Burkina Faso. Studente dell’Istituto di liturgia pastorale “Santa Giustina” a Padova, don Narcice è collaboratore pastorale dell’Up di Creazzo dal 2019. «Quando sono arrivato mi sono trovato spaesato, ma avevo anche tanta voglia di conoscere cose nuove, sono una persona curiosa – racconta don Narcice -. Vedo questo incarico come l’opportunità per fare esperienze da portare in Burkina Faso. La comunità cattolica di immigrati che seguo è mista, proviene soprattutto dall’Africa occidentale: Mali, Togo, Benin, Costa d’Avorio, ma anche Camerun e perfino Rwanda. Risiedono a Montecchio, Schio, Bassano, Altavilla, Arzignano… È la lingua l’elemento che li tiene insieme. Per loro ritrovarsi è come scoprire una grande famiglia». Una presenza che non è estranea alla comunità parrocchiale. «La scorsa settimana abbiamo celebrato sei battesimi – racconta il parroco, don Francesco Frigo -. Per la preparazione ai sacramenti don Narcice coinvolge qualche nostra catechista. Quella dei francofoni è una comunità presente dal 2009 ed è sempre stata ben accolta».
«La presenza di preti stranieri in Diocesi è nata inizialmente come conseguenza del fenomeno migratorio spiega il cancelliere vescovile, don Enrico Massignani -. D’altronde, un tempo anche noi avevamo i cappellani “etnici” che seguivano i nostri emigranti in Germania, Francia, Belgio, Svizzera per assicurare l’assistenza religiosa. Successivamente i motivi di questa presenza sono diventati gli studi, inizialmente concentrati a Roma e solo successivamente ospitati a Padova e Venezia con la nascita della Facoltà teologica del Triveneto e del Marcianum, con la conseguente presenza di studenti stranieri nel nostro territorio. I preti studenti ricevono una borsa di studio dalla Cei, mentre quelli presenti in servizio pastorale vengono inseriti nel sistema di sostentamento del clero. Di solito sono le stesse facoltà a chiedere alla Diocesi se possiamo ospitare qualche studenti, in altri casi è il loro Vescovo a prendere contatti».