In tempi in cui la Chiesa vicentina sta cambiando volto, può capitare che il volto sia quello di un prete africano. È il caso di don Mukasa Apreato, nato in Togo nel 1964 e da settembre vicario parrocchiale nell’Unità pastorale di Bolzano Vicentino e Lisiera. Quella di don Mukasa, però, è ormai una vecchia conoscenza per la Diocesi di Vicenza. Dal 1991, infatti, don Mukasa ha frequentato il Seminario Diocesano e nel 1995 è stato ordinato prete dal vescovo Pietro Nonis. Un legame quello con la Chiesa vicentina, nato proprio in Togo. «A Togoville, il mio paese, c’era un missionario comboniano di Malo, padre Francesco Grotto – racconta don Mukasa -. È stato lui a propormi di diventare prete».
Tutto è iniziato quando Mukasa era bambino. «Mio padre era stato battezzato ma era bigamo – racconta il sacerdote -. Io vivevo con mio fratello e altri cugini assieme a mia nonna, che adorava i feticci. Cominciai a frequentare la parrocchia grazie a mio fratello, che mi portò da un catechista cieco. Questo ci insegnava la dottrina e poi ci interrogava, e se rispondevamo correttamente ci regalava un santino». Mukasa ha quindi iniziato a frequentare assiduamente la parrocchia, senza trascurare i lavori di casa e quelli nei campi. «Quando padre Grotto mi fece la proposta, scrissi una lettera a mio padre, emigrato in Costa d’Avorio per lavoro – prosegue Mukasa – nella sua risposta mi scrisse: “Se è davvero il tuo desiderio, semaforo verde”».
Nel 1977 Mukasa iniziò in Togo il suo percorso in seminario minore e poi in quello teologico. «Erano anni movimentati – spiega -. Il Vescovo era contestato da alcuni insegnanti per alcune scelte economiche che riguardavano proprio il seminario. Questi entrarono in sciopero, impedendoci di seguire le lezioni. E per poter riprendere a studiare, scioperammo anche noi studenti». Lo scontro fu tale che nel 1991 il seminario chiuse. «Qui entrò in gioco la provvidenza – racconta Mukasa -, perché grazie a padre Grotto, mi ero tenuto in contatto con una coppia vicentina, Gabriella e Peppino Pavan, amici del missionario che erano venuti a trovare in più occasioni. Furono loro a prendere contatti con il Seminario di Vicenza per vedere se era possibile, per me continuare gli studi». Il problema per Mukasa era avere il permesso del suo Vescovo. «Era prevenuto nei miei confronti, ero stato uno degli studentiche avevano partecipato agli scioperi, ma acconsentì, e nella lettera di presentazione che portai a Vicenza, parlò di me come “un caro figlio”».
Dopo l’ordinaz ione, don Mukasa tornò in Togo, ma qualche anno dopo si presentò la possibilità di tornare a studiare in Italia, stavolta a Venezia. «Venni a vivere per qualche anno a Torri di Quartesolo. Terminati gli studi tornai nel mio Paese. Ora sono ancora in Italia per ragioni di salute, perché devo subire alcuni interventi. Per questo mi sono messo a disposizione della Diocesi, e sono ben felice di servire il popolo che mi ha accompagnato all’altare. Vivo nella canonica di Bolzano Vicentino, assieme al parroco don Luciano Attorni».
Ormai Mukasa conosce bene Vicenza e i suoi abitanti. «Ho anche imparato un po’ di dialetto, le persone rimangono stupite ma contente quando sentono che parlo in veneto – confida -. ho anche una grande passione per i cori degli Alpini. A Torri il gruppo Ana mi ha anche regalato un cappello con la penna».
scrivo del Cile per dirvi che mi è piaciuto molto il racconto del sacerdote Mukasa. Io direi che Vicenza è
una bella città che conosco bene perchè è la mia città se tutto va bene, fra un mesetto starò a Vicenza
Ho pure parenti a Bolzano Vicentino, quando ritorno li vado a salutare.