Piogge scarse, raccolti ai minimi termini e campi ridotti a cimiteri per il bestiame: è un vero e proprio dramma, nel silenzio quasi totale dei media, quello che sta avvenendo in Sud Sudan. Lo Stato più giovane del mondo (è indipendente solo dal 2011) è vittima infatti di una micidiale combinazione tra conflitto civile, crisi economica e fenomeni legati al cambiamento climatico.
Secondo stime ufficiali, sono almeno 7,5 milioni i civili che hanno bisogno di assistenza e protezione. Qui sta per giungere l’aiuto della Chiesa vicentina che, tramite Caritas Italiana, ha destinato ad un progetto in loco la somma di 16.548 euro, raccolti fra i sacerdoti della diocesi nel corso della celebrazione del Giovedì santo di quest’anno in Cattedrale a Vicenza. Una colletta di fraternità particolarmente importante, perché legata al 70° anniversario della morte di Santa Bakhita, originaria proprio di questa parte dell’Africa.
Nel concreto, l’aiuto della chiesa vicentina si inserisce in un progetto di Caritas Italiana che, insieme a Caritas Internationalis, sta sostenendo gli sforzi della giovanissima Caritas Sud Sudan. Il Paese vive attualmente la più grave crisi umanitaria del continente africano, dove la guerra civile e le violenze hanno aggravato le già gravi condizioni di povertà in cui vive la gran parte della popolazione del Paese, che si posiziona negli ultimissimi posti nelle classifiche degli indici di sviluppo umano e economico. A questo si è aggiunta una grave siccità.
Nel dettaglio, sono state individuate come destinatarie di un intervento urgente Caritas 750 famiglie, per un totale di 3.750 persone, nella diocesi di Rumbek, nel centro del Paese (area Gok State) dove è forte l’emergenza sfollati. “L’obiettivo – spiega don Enrico Pajarin, direttore della Caritas Vicentina – è sostenere le famiglie più fragili di queste comunità, assicurando loro il cibo per tre mesi ed accompagnandole nella riattivazione delle loro capacità di sostenersi tramite l’agricoltura e l’allevamento. In questo modo, intendiamo anche favorire una pacifica convivenza”. Nella zona di Gok si sono infatti concentrati moltissimi sfollati (più di 5.300 famiglie) giunti da ogni parte del paese: qui sono sorti campi di accoglienza. Dai primi segnali di crisi infatti la zona di Gok ha visto rientrare molte famiglie che erano emigrate in altre zone del Paese e che, con l’inasprirsi del conflitto e il deterioramento delle condizioni di sicurezza, hanno fatto ritorno nelle zone di origine. Una volta arrivati, però, hanno dovuto fare i conti con le generali condizioni di instabilità, con le tensioni dovute al conflitto tribale, con la difficoltà di trovare cibo e con l’aumento spropositato dei prezzi dei beni di prima necessità. Neanche le case sono sicure e mancano strutture sanitarie adeguate.
Il progetto Caritas, data l’urgenza, si sta concentrando sull’assistenza alimentare e l’attenzione alle famiglie più vulnerabili: “Come sempre, nell’ottica Caritas – aggiunge don Pajarin – vengono privilegiate le categorie più fragili, come le donne in gravidanza, le madri sole, i bambini, gli anziani e le persone con disabilità”. Grazie alla rete Caritas vengono così distribuite razioni di cibo per tre mesi ad ogni nucleo familiare: 45 chili di farina di mais, 25 di fagioli, 500 gr. di sale e 5 litri di olio (il costo per ciascun nucleo familiare è di 107 euro, circa 20 euro a persona). Si tratta di un aiuto dato collaborando con la comunità, il governo locale e con le altre Ong (il Cuamm- Medici per l’Africa di Padova, ad esempio, è attivo Cuibet con un programma sanitario) al fine di creare utili sinergie con gli altri programmi già attivi.