È iniziata l’estate. E io mi ritrovo ancora una volta ridicolmente in piedi sul letto armato di paletta. Mentre stavo finalmente per addormentarmi ecco il fastidiosissimo ronzio attorno alle orecchie e poi quel prurito insopportabile, sul collo o sul dorso del piede, a cui non sai resistere, nonostante fin da bambino ti abbiano spiegato mille volte che “a grattare si fa peggio”. Cerco di individuare questo simpatico esserino che mi gira intorno e non mi da pace con il suo ronzio molesto e le sue punture.
Puntualmente, durante queste battute di caccia, questi estenuanti appostamenti notturni, le cui tracce restano ben visibili sui muri della mia camera da letto, mi ripeto che un giorno chiederò al Padre Eterno perché mai abbia inventato le zanzare. Poi, meditando sui miei innumerevoli peccati, mi dico che in fondo potrebbe essere un modo abbastanza gentile per tenerci svegli e farci espiare almeno un poco le nostre colpe. Effettivamente la voce della nostra coscienza a volte è fastidiosa tanto quanto il ronzio di una zanzara (dove le z sono generosamente onomatopeiche) rinvigorita dal caldo umido della Pianura Padana. Gli entomologi assicurano che anche le zanzare rivestono un ruolo importante nei delicati e complessi equilibri dell’ecosistema. Contribuiscono infatti in modo determinante all’impollinazione di numerose specie vegetali. Senza di loro perderemmo molti frutti, sia in quantità che in varietà. Sterminarle tutte con le “armi chimiche” non parrebbe dunque una grande idea.
La risposta più bella al mio quesito naturalistico-teologico, me la diede, però, molti anni fa fra Fulgenzio, un vecchio francescano che viveva in un convento nel bel mezzo della Laguna di Grado e che dunque risultava piuttosto competente in materia: “Le zanzare – mi disse – sono il cibo delle rondini”. E chi non ama le rondinelle, i più poetici tra gli uccelli amati dai poeti? Mi dico allora che forse sapremmo sopportare meglio qualche puntura di zanzara se recuperassimo uno sguardo contemplativo, francescano, sul volo serale delle rondini, su quella meravigliosa sinfonia che è il libro della natura di cui tante, troppe volte, ci dimentichiamo di essere parte. Tutto è misteriosamente collegato, anche senza arrivare a pensare, come chi crede (per fede o per moda) nella reincarnazione, che quella zanzara potrebbe essere mio nonno.
Ma a proposito di sopportazione: brandendo la mia paletta scaccia (o schiaccia?) insetti, mi viene in mente che una delle opere di misericordia spirituale consiste nel “sopportare pazientemente le persone moleste”. Di persone moleste pare esservene oggi in quantità, a differenza della pazienza, merce sempre più rara, un po’ per i ritmi di vita sostenuti, un po’ per l’affievolirsi della fede in Colui che per noi ha “patito” sino alla morte di croce. Le persone moleste sono quelle che ti ronzano intorno, insistentemente, incuranti di disturbarti e non demordono fino a che non hanno ottenuto ciò che desiderano. L’analogia con la fastidiosa zanzara arriva spontanea, forse fin troppo facile. E non sarà allora che nell’insofferenza notturna verso il malefico insetto si dia voce anche ad un altro ben più profondo desiderio di essere un poco almeno lasciati in pace? Ma subito penso che in fondo un po’ molesti verso gli altri lo siamo tutti, ogni volta che a tutti i costi vogliamo far prevalere le nostre idee, i nostri bisogni, la nostra presenza. Con il rischio di ritrovarci schiacciati su un muro da chi, davvero esasperato, non ne può più di noi e dei nostri ronzii alle orecchie.
Forse la soluzione migliore sarebbe quella di dotarsi di buone zanzariere, che senza uccidere nessuno, ristabiliscano le giuste distanze.
Alessio Graziani