Lunedì 27 febbraio a Padova la Facoltà Teologica del Triveneto, la Facoltà di Diritto canonico “San Pio X” e l’Istituto di Liturgia pastorale “Santa Giustina” hanno promosso una giornata di studio dal titolo “Ripensare la prassi penitenziale. La terza forma della penitenza: esperienza da archiviare o risorsa?”. L’intento era quello di condividere alcune riflessioni maturate nel contesto generale di crisi della confessione individuale, alla luce dell’esperienza vissuta durante gli anni della pandemia.L’approccio è stato multidisciplinare e ha visto la partecipazione di otto relatori. Dai vari interventi e dal successivo dibattito sono emersi alcuni utili spunti di riflessione.
Quarto sacramento in crisi, non crisi di penitenza
L’esperienza della pandemia è stata un’emergenza su tutti i fronti, anche per la fede e i sacramenti. L’imprevisto, la fragilità tangibile e il fare i conti con sé stessi hanno risvegliato e messo a tema il bisogno di esprimere la dimensione penitenziale dell’esistenza. Il contesto in cui tutti ci siamo trovati ha fatto emergere la penitenza come conversione che va oltre il singolo individuo, ma che ci accomuna in quell’essere tutti sulla stessa barca. Fare esperienza di “penitenza forzata” durante il lockdown ha fatto riscoprire l’esigenza di nuove forme per vivere la riconciliazione.
A livello liturgico ha suscitato interesse e apprezzamento la celebrazione del sacramento della Penitenza con assoluzione collettiva, senza la previa confessione individuale. È una modalità nata durante le due guerre mondiali e attualmente prevista unicamente in casi di emergenza. In Italia tale forma è stata applicata solo dalle diocesi delle regioni ecclesiastiche del Triveneto e del Piemonte e la diocesi di Modena-Nonantola in periodi ben determinati durante la fase acuta della pandemia. Oggi, come già precisato nel novembre scorso dai Vescovi del Triveneto, tale modalità celebrativa non è più realizzabile. Durante gli anni della pandemia si sono poi vissute altre forme penitenziali, concretizzate in momenti di preghiera personale e in famiglia, gesti di carità, ecc. Si è riscoperto il senso della celebrazione della riconciliazione come itinerario comunitario e non solo come momento puntuale e privato.
Quanto vissuto, anche se non sempre ripetibile da un punto di vista celebrativo, ci ha consegnato degli spunti che meritano di essere ripresi. La fede cristiana è chiamata a essere incarnata in un preciso contesto storico.
Va recuperato il legame della penitenza con il Battesimo e con l’Eucaristia
Aprire itinerari di riconciliazione chiede di riscoprire e rispettare la gradualità del cammino di ciascuno verso l’esperienza della conversione per accogliere il dono della misericordia di Dio, che precede il pentimento. Il percorso individuale di fede si ricollega alla dimensione comunitaria, riscoprendo l’essere convocati dalla Parola per vivere comunitariamente l’esperienza del peccato e soprattutto della grazia che ci è donata La riflessione è chiamata a passare da “quale forma” per celebrare la penitenza a “quali itinerari” penitenziali possano esprimere l’invito a conversione e il dono della misericordia per il nostro tempo. Siamo invitati a tener aperto l’interrogativo di come unire l’annuncio del Volto misericordioso di Dio rivelato in Cristo ad un itinerario di riconciliazione e alla celebrazione che sia affettiva e profonda capace di dare slancio e passione al cammino di conversione incontro al Padre.