Il 13 marzo di 10 anni fa il nostro direttore è rimasto incollato alla sedia del suo ufficio fino all’ultimo per dare ai nostri lettori la notizia dell’elezione di Papa Bergoglio. Per festeggiare l’anniversario di Papa Francesco vi riproponiamo l’editoriale scritto quel giorno, ch mantiene intatta tutta la sua freschezza.
Habemus Papam!
Ore 19.06 il monitor del pc è coperto dal fumo bianco che esce dal camino. Siamo quasi increduli. Sinceramente ci eravamo rassegnati a mandare in stampa la prima pagina ancora con la notizia sul conclave in corso, rimandando la notizia dell’elezione all’edizione straordinaria che chiuderemo domani. Alziamo il volume del computer. Il rintocco delle campane si mischia alla folla in tripudio che applaude, canta, grida “viva il Papa” e “habemus papam”. Più di qualcuno ha le mani giunte in segno di preghiera. Numerose bandiere mostrano le tante nazionalità presenti a piazza S. Pietro, volto della Chiesa che mai come oggi è universale.
Velocissimi! I cardinali sono stati velocissimi. In sole cinque votazioni sono riusciti a esprimere quel segnale di unità e di comunione che in tanti speravamo e attendevamo.
Mentre scrivo, aspetto di sentire proclamato il nome del 266° pontefice e sorrido al pensiero della sollecitudine con cui il collegio cardinalizio ha dato alla Chiesa un nuovo pastore. Sono lontani i secoli in cui i cardinali dovevano essere rinchiusi a pane e acqua per costringerli a serrare i tempi. Questa rapidità dice, oltre che l’unità che si è manifestata tra i cardinali, la consapevolezza che oggi anche la Chiesa sa dare risposte rapide. Per chi crede, lo Spirito Santo deve aver fatto, anche questa volta, la sua parte.
È la Chiesa che sa stupire, che sconvolge tutti i pronostici e che è capace di lanciare segni di novità e speranza, a partire dal nome scelto, Francesco.
E finalmente alle 20.15, la tenda del balcone della loggia centrale della basilica di S. Pietro si apre e il cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran annuncia “Habemus Papam”: «Jorge Mario Bergoglio», che assume il nome di Francesco.
Italo argentino, arcivescovo di Buenos Aires, classe 1936, gesuita, è il nuovo pontefice. Nel 2005 aveva raccolto già numerosi consensi, prima che il conclave elegesse Joseph Ratzinger.
È la chiesa che sa stupire, che sconvolge tutti i pronostici e che è capace di lanciare segni di novità e speranza, a partire dal nome scelto, Francesco, un nome che in sé evoca semplicità, coraggio, radicalità evangelica. È il primo papa del Sud America. «Voi sapete – sono state le sue prime parole – che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo». E le parole successive sono state una preghiera «per il nostro vescovo emerito Benedetto XVI».
E ora la Chiesa continua il suo cammino, insieme al suo pastore.
Lauro Paoletto