Chiaro, a qualcuno viene da mangiarsi le mani per non essere stati più incisivi quando si è deciso che la linea Tav avrebbe attraversato Vicenza in superficie. E nell’incontro dedicato alla cantierizzazione dell’opera, organizzato dalla Diocesi lo scorso 29 marzo, non sono stati fatti sconti sulle occasioni perse. Fortunatamente si è parlato anche di altro, di molto altro, compresi alcuni aspetti del progetto sui quali l’opinione pubblica può ancora provare a dire qualcosa e ad essere incisiva. Il tavolo dei relatori poteva essere facilmente considerato come “No Tav”, ma va dato atto che l’opinione negativa sull’opera nasce dall’osservazione di numerosi e dettagliati aspetti tecnici e ambientali, dei quali è stato dato ampiamente conto durante il pomeriggio al Centro Diocesano.
Aspetti ambientali, economici, viabilistici e amministrativi sono stati al centro delle ana lisi proposte da Angela Rotella dell’Assemblea boschi che resistono, dall’esperto di economia dei trasporti Marco Ponti e da Erasmo Venosi, esperto di valutazioni di impatto ambientale. Uno dei temi più critici è quello dell’acqua e del rischio che il cantiere contribuisca a diffondere la contaminazione da Pfas. Questo perché «è previsto l’utilizzo di 360 mila litri d’acqua al giorno, senza che sia stato specificato come avverrà l’approvvigionamento – ha spiegato Angela Rotella -. Nel progetto definitivo manca inoltre uno studio dettagliato che metta in sicurezza rispetto al rischio di propagazione dell’inquinante e mancano protocolli operativi per la gestione delle acque contaminate».
È lo stesso consorzio Iricav Due, general contractor al quale è affidata la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità in Veneto, ad aver evidenziato in una relazione specialistica che “circa metà del tracciato ricadrebbe nel plume”, cioè nelle falde contaminate. A questo proposito Erasmo Venosi ha evidenziato che «per il cantiere che interessa Vicenza non è stato costituito un Osservatorio ambientale presso il Ministero dell’ambiente. Si tratta di una grave mancanza di fronte a impatti ambientali così rilevanti. Inoltre, è l’Osservatorio che risponde ai cittadini su questi temi. È necessario attivarlo e il Comune può presentarne richiesta al Ministero dell’Ambiente». Un altro tema evidenziato da Venosi riguarda le terre e le rocce da scavo: «Un tempo erano considerate rifiuti speciali pericolosi, oggi però possono esser considerate “sotto prodotti”, ma occorre che si svolgano analisi continue, bisogna assicurarsi che avvengano».
Molti dubbi sono stati espressi anche sull’impatto ferroviario della Tav. «Trovandosi in un centro abitato, treni saranno costretti a viaggiare alla stessa velocità dei regionali veloci, quindi tra i 100 e i 160 chilometri orari – ha spiegato Rotella -. Inoltre, il tratto che attraversa Vicenza è lungo 6 km, ma solo per 5,2 chilometri la linea verrà raddoppiata. Questo perché dalla stazione a Borgo Berga non c’è spazio sufficiente, la linea rimarrà la stessa formando un collo di bottiglia». Anche in questo caso, forse c’è uno spazio per fare qualcosa, migliorando la capacità della tratta. È Marco Ponti ad affermarlo. Cordinatore della commissione che ha redatto l’analisi costi benefici voluta dal primo Governo Conte nel 2019, critico sull’opera che ritiene «viziata dallo scambio tra fondi pubblici e voti», Ponti ritiene che sia possibile «chiedere un supplemento dell’analisi costi benefici considerando aspetti mai analizzati per aumentare la capacità dei treni, come il carico medio merci, che potrebbe passare da 400 tonnellate per treno a 650, e i vagoni per i passeggeri a doppio piano».
Andrea Frison
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