Il 20 giugno è la Giornata mondiale del rifugiato, voluta dall’Onu. La diocesi di Vicenza, il Centro Astalli e molte altre realtà ed enti del territorio che si occupano di accoglienza dal 15 al 22 giugno organizzano il ciclo d’incontri “Rifugiati: lottatori di speranza, seminatori di pace”. L’ultimo appuntamento, il 22 giugno al “Centro Onisto”, alle 21, è lo spettacolo “Il secolo è mobile. Una storia delle migrazioni in Europa vista dal futuro” dello scrittore e giornalista Gabriele Del Grande (intervista sul giornale cartaceo), tratto dal suo ultimo libro. Per l’occasione intervistiamo Tareq Wahba, rifugiato palestinese, ospite nel Convento di San Lorenzo.
Ha una voce profonda Tareq Wahba, forte e rotonda. Palestinese, nato 45 anni fa a Betlemme, il 7 ottobre 2023 si trovava in Italia per un’audizione al Teatro Carlo Felice di Genova, mandato dalla Fondazione “Andrea Bocelli” di Firenze. Mentre intonava il suo miglior Do, Hamas uccideva senza pietà i partecipanti al Festival musicale Supernova in Israele e cominciava l’ennesimo capitolo di una guerra che non sembra voler cessare.Â
«Non sono più potuto rientrare nel mio paese – racconta in una delle stanze del convento di San Lorenzo a Vicenza dove è ospite da otto mesi -. Tutte le mie cose sono rimaste là ». Tareq insegnava pianoforte e solfeggio all’Istituto “Magnificat” di Gerusalemme, dove contemporaneamente studiava. Si tratta di una scuola di musica nella città vecchia fondata da un italiano, il padre francescano Armando Pierucci, ora retta da padre Alberto Bari. «È un luogo di dialogo e di educazione alla pacifica convivenza, dove bambini e ragazzi musulmani, cristiani ed ebrei studiano assieme accumunati dalla reciproca passione per la musica», spiega il musicista.
Tareq dal 9 ottobre ha trovato ospitalità a Vicenza perché la Scuola “Magnificat” di Gerusalemme collabora con il Conservatorio “Pedrollo”, dove ora il cantante si sta perfezionando. «Rientrare in Palestina o Israele era impossibile – dice -. Tutti gli altri professori sono scappati, anche i russi sono rientrati nel loro Paese. Il Rettore padre Alberto mi ha detto “vai a Vicenza, un posto lo troviamo”. Ad ottobre finirò i miei studi al Pedrollo».
Il 5 aprile Tareq ha ottenuto lo status di rifugiato politico: «L’iter è stato lungo – spiega il cantante -. Sono entrato in Italia con un permesso turistico di tre mesi, scaduto a gennaio. Non è facile “trasformare” un visto turistico in un permesso come rifugiato, ma la situazione in Medio Oriente non ha lasciato dubbi. In questi mesi mi sono recato in Questura quattro volte, la procedura è stata lenta».
Tareq ogni giorno partiva da Betlemme per lavorare a Gerusalemme: «Ci impiegavo 10 minuti a piedi, attraverso il muro di separazione grazie ad un permesso speciale della Chiesa cristiana».
«Ringrazio tutti, ma la mia condizione di rifugiato politico mi addolora. Vorrei lavorare come cantante lirico qui in Italia, sto bene, ho tante affinità con il vostro Paese. Ho fatto audizioni a Milano, Genova, Firenze, spero prima o poi di trovare un’occupazione. A Gerusalemme ho creato un piccolo gruppo, io cantavo, una cara amica suonava il pianoforte. C’era un feeling artistico speciale, insieme abbiamo cercato di diffondere la musica lirica in Palestina e Israele, ma manca la cultura adeguata, non sono ancora pronti».
Tareq canta anche in arabo: «Prendiamo poesie arabe, componiamo una melodia e io canto. Sto cercando di portare questo nuovo modo di fare musica lirica in Italia. Canto anche pop in spagnolo e inglese».
La sua famiglia vive a Nablus, in Cisgiordania: «Mia mamma, mia sorella e mio fratello stanno abbastanza bene, ma la situazione è molto pericolosa. Le armi israeliane entrano in Cisgiordania senza permesso, l’esercito distrugge case, crea confusione, arresta ragazzi senza motivo. Non voglio parlare di politica, ma questa volta è diverso, sarà lunga. Anche alcuni israeliani hanno deciso di non stare più con il governo, un ministro si è dimesso, questa volta c’è qualcosa che non va proprio bene».
La pace, secondo Tareq, tuttavia è possibile: «Ho lavorato con moltissimi israeliani, sono brave persone, gentilissime. I palestinesi sono altrettanto gentili, ma hanno una mentalità più chiusa e hanno oggettivi problemi economici: dipendono in tutto e per tutto da Israele, ma anche Israele ha bisogno dei palestinesi. Quindi la Palestina non può vivere senza Israele e viceversa. C’è amore, ma è nascosto. Il governo estremista non vuole che i palestinesi vivano in pace, ma sono convinto che i palestinesi vogliano la pace».
Questo fine settimana Tareq dovrà cambiare casa: «La mia ospitalità al convento di San Lorenzo è terminata. Spero di trovare presto un’altra sistemazione. Sento che la mia vita è qui. L’aria, la cultura, il clima, il mio mondo è in Italia».
Marta Randon