Sì, lo so. Davanti alle decine di migliaia di vittime del terremoto in Myanmar, ai bambini che continuano a morire a Gaza, alla disperazione della popolazione ucraina, sono ben poca cosa. Eppure a me quei 92mila pulcini morti in un camion che ha preso fuoco sulla nostra Pedemontana la scorsa settimana proprio non vanno giù.
Del resto è il Vangelo che ci assicura che anche la vita di due passeri è preziosa agli occhi di Dio. E finiamola con il moralismo ipocrita di chi afferma che chi vuol bene agli animali non amerebbe gli esseri umani. L’esperienza suggerisce piuttosto il contrario. A impressionare è il numero: novantadue mila, quasi come gli abitanti del nostro capoluogo. Come dovevano essere stipati per starci tu i dentro un unico tir? Questo fatto riaccende i riflettori sui tanti problemi dell’industria alimentare, in particolare sulla realtà degli allevamenti avicoli intensivi, ben presenti purtroppo an che nel nostro territorio.
È lecito da un punto di vista etico generare e allevare animali (creature di Dio) costretti in gabbie e capannoni, senza far mai vedere loro la luce del sole o lasciarli all’aria aperta, in capaci perfino di muoversi e alimentati in modo innaturale per essere più performanti nella produzione di carne e di uova? E che dire dei milioni di pulcini maschi che in Italia vengono ancora triturati vivi pochi giorni dopo la nascita come “scarti di produzione”? Fino a che punto è da intendersi la “disponibilità” di tali creature per il bene della famiglia umana e come questa si coniuga con quella vocazione alla cura e alla custodia del creato che Dio fin dalla genesi ci rivolge?
Qual che tempo fa un giovane che faceva parte di una squadra di rugby mi raccontò di essere stato assoldato assieme ad alcuni compagni dal titolare di un grande allevamento di oche per stipare nei camion i combattivi animali diretti al macello. Un’esperienza che gli aveva lasciato alcune cicatrici, e non solo quelle derivanti dal becco delle oche sulle sue braccia muscolose.
Il film in chiesta Food for Profit, realizzato dalla giornalista Giulia Innocenzi circa un anno fa, ha documentato moltissime gravi violazioni dei diritti degli animali negli allevamenti di mezza Europa, nonché gli interessi di alcune lobby legate al potere politico a perpetuare un modello di allevamento che, a detta di molti scienziati e virologi, costituisce una vera e propria bomba ad orologeria anche per la salute umana. Ma il mercato, si sa, funziona essenzialmente sulla legge della domanda e dell’offerta. E la domanda può essere indotta e aumentata, attraverso abili campagne pubblicitarie che drogano la percezione dei reali bisogni dei consumatori. Abbiamo davvero necessità di mangiare tutte queste proteine animali? Non dico che tutti dovremmo diventare vegetariani o vegani. Ma forse, come un tempo, carne e uova basterebbe mangiarle un paio di volte alla settimana, da filiere più controllate, rispettose del benessere animale ed ecosostenibili.
Il 2 aprile il calendario della Chiesa ha ricordato San Francesco da Paola. Una fi gura affascinante e attualissima. Fondatore dell’Ordine dei Minimi, chiese ai suoi frati, oltre a quelli consueti di castità, povertà e obbedienza, un quarto voto di “Quaresima perpetua”, ordinando loro di non cibarsi mai di carne. Raccontano come spesso il santo eremita comprasse anima li destinati al macello per rimetterli in libertà. Raccolse anche un ricettario di “strettissimo magro”, che oggi definiremmo “vegano”, in quanto escludeva oltre alla carne, anche pesce, uova e latticini. Morì nel 1507 a 91 anni di età. Ma anche qualora non ci si volesse privare del tutto di una bella frittata o di un buon coscio o di pollo arrostito, sarebbe giusto che questi animali potessero prima vedere l’azzurro del cielo, razzolare in un prato, sentire il soffi o del vento. Perché anche i polli sono animali senzienti e come tali andrebbero trattati.
Alessio Graziani, donalessio@lavocedeiberici.it
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