Lo scorso 13 dicembre, sotto la pioggia battente, i volontari della Fondazione Homo Viator – San Teobaldo che si dedicano all’accoglienza dei pellegrini che arrivano a Roma a piedi o in bicicletta, hanno visto arrivare in piazza San Pietro un uomo brizzolato sulla cinquantina. Alla consegna del “testimoni” il documento che attesta l’avvenuto pellegrinaggio, lo stupore è stato grande.
L’uomo era partito da Tallin, in Estonia, a maggio ed era arrivata piedi a Roma lungo la Romea Strata. Christian Steiner, questo il nome del pellegrino, ha 49 anni, è nato a Merano ma dai primi anni ’90 vive a Vienna. «Le prime camminate le ho fatta da bambino con mio padre, in Alto Adige, poi più niente fino a una decina d’anni fa quando ho iniziato a percorrere lunghi itinerari in Austria, in Francia, in Spagna… ma il mio sogno era andare a Roma a piedi» racconta Christian Steiner, che inizialmente pensava alla Via Francigena ma poi è venuto a conoscenza della Romea Strata: «Quando ho visto che partiva da Tallin ho deciso che dovevo farlo».
E così, siano in spalla, Christian è partito dalla capitale baltica il 5 maggio 2024 e il 13 dicembre ha posato i piedi sul selciato di Piazza San Pietro. «Anche a qualche mese di distanza continuo a pensare a quello che ho fatto. In Estonia non incontri molta gente. Incontri piccoli villaggi ogni venti chilometri, cammini da solo e pensi che a Roma non ci arriverai mai. Poi ho smesso di pensare a Roma. Mi sono concentrato sui giorni, le persone, la storia dei Paesi che attraversavo. Non ero mai stato in quei posti ma sentivo il desiderio di tenerli insieme con l’Austria e l’Italia, i Paesi dove vivo e sono nato».
Fino a Torun il percorso della Romea Strata coincide con quello verso Santiago. «La gente che organizza i cammini fa di tutto per aiutarti. Se non ci sono ostelli, ti aprono le chiese per dormire. Anche i privati ti accolgono in casa, basta avvisarli il giorno prima. E quando non trovavo niente, dormivo in tenda». Estonia, Lettonia e Lituania coprono già un tratto di cammino di oltre mille chilometri. «Li ho percorsi in due mesi – prosegue Christian -. Il primo tratto è stato fatto fondamentale. L’anno prima mi ero fatto male a un ginocchio e non ero sicuro di camminare per sette mesi. Ma volevo fare il possibile per riuscirci. Così ho camminato piano, passo dopo passo… e il fisico cambia. Le prime montagne sono arri vate in Polonia, poi le Alpi e gli Appennini… ma a quel punto ero così in forma da non sentire più nessun dolore».
La Romea Strata attra versa la Polonia per 1300 km. «Personalmente non sono molto religioso, ma mi interessava compiere un viaggio culturale e quindi anche la religione mi interessava. In Polonia vedi proprio quanto la fede fa parte dell’identità e della cultura della gente. Per pu ro caso sono arrivato a Częstochowa il 15 agosto, il giorno festivo più importante in Polonia. Avrò visto diecimila pellegrini. prima della Polonia avevo incontrato solo una donna, con la quale abbiamo camminato insieme sette giorni. Improvvisamente mi ritrovavo in mezzo a diecimila pellegrini, incredibile!». Poi è toccato a Repubblica Ceca, Slovacchia e Austria. «Qui giocavo in casa e ne approfittavo. Di giorno camminavo, la sera prendevo il treno o il pullman e andavo a casa a dormire. Mi permetteva soprattutto di risparmiare. Quando mi sono trovato ad una distanza di 150 km da Vienna, non sono più tornato indietro».
A quel punto Christian ha affrontato le Alpi, attraversato la laguna di Vene zia e la pianura Padana, gli Ap pennini e finalmente, Roma. «Arrivare e trovare chi ti accoglie è stato emozionante, la fine di un grande viaggio. Con me c’era anche mia moglie, che mi ha accompagnato anche durante il tratto polacco». Ma com’è smettere di camminare? «Senti che ti manca qualcosa. Ti alzi la mattina e ti chiedi: adesso cosa faccio? lavoro nel mondo della cultura e degli spettacoli, organizzo eventi, contatto artisti, preparo contratti, programmi… è un lavoro stressante, ti chiede quindici ore di lavoro al giorno. Quando cammino penso solo a camminare, mangiare, dormire. Questo i primi tre giorni. Poi ti connetti con il mondo, la natura, la cultura dei Paesi che attraversi. E se cammini per più di due mesi alla fine ti dici: questa è la mia vita!».
Andrea Frison
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