Il nostro settimanale va in stampa alla vigilia del Conclave. Quando lo riceverete è probabile che già il nuovo Papa si sia presentato al mondo affacciandosi dalla loggia di San Pietro. L’emozione di ascoltare in diretta l’Habemus Papam e il nome in latino, cercando di capirne l’identità, è qualcosa di difficilmente descrivibile. Sono attimi che re stano nel cuore. Arrivando inevitabilmente “dopo” (più che una “Voce” in questi casi siamo un “Eco”), abbiamo pensato di dedicare intanto le pagine di apertura di questo numero alla Chiesa Cattolica, così come il successore di Francesco la riceve nell’Anno Santo 2025, per amarla, servirla e riformarla, con le sue ricchezze e le sue fragilità, con le sue gioie e le sue fatiche. Una Chiesa diffusa in tutto il mondo (cattolica, appunto), con tanti volti differenti, ma accomunata dallo stesso amore per Gesù Cristo e per l’umanità in cui vuole risplendere, prendendosi cura in particolare dei poveri e dei piccoli, annunciando conversione, speranza e salvezza per tutti e per tutta la creazione.
L’eredità di Francesco, chiunque sia il suo successore, sarà impegnativa, perchè ha il profumo del Vangelo e quello delle pecore e, dunque, non potrà essere ignorata. La Chiesa è una vecchia barca che da oltre duemila anni, scricchiolando un poco, solca i mari della storia. E se ancora resta a galla, nonostante noi preti, è, ne causa delle molte e varie bestie presenti, il pericolo di annegare fuori sia davvero molto concreto.
In questi giorni, tra la morte di papa Francesco e l’inizio del Conclave, ne abbiamo sentite davvero di tutti colori. Ma noi italiani siamo così: prima tutti virologi, poi tutti analisti internazionali ed economisti, ora tu i vaticanisti. Tralasciando alcuni svarioni giornalistici e la corsa imbarazzante di molti a preparare prima del tempo “l’epigrafe” del proprio cardinale vicino di banco alle elementari, ciò che ha colpito è stata certa mente la lettura delle dinamiche ecclesiali attraverso categorie mutuate dalla politica, dalla sociologia, perfino dallo sport. Si è parlato di correnti, fronde, cordate, sfidanti, opposizioni, corse… Un modo di esprimersi che denota una visione tutta orizzontale di ciò che è la Chiesa, ignara che i cardinali non sono né esponenti politici in guerra tra loro, né atleti a caccia di qualifiche o di medaglie. Un modo di descrivere la Chiesa che, lasciandone in ombra (per ignoranza o malafede, so lo Dio lo sa) la dimensione trascendentale, mistica e spirituale, non riesce in realtà a rende re ragione di come essa possa ancora esistere e rinnovarsi.
Lo Spirito Santo raramente pare andare d’accordo con i vaticanisti e tanto meno con i book makers americani. Del “fantapapa” dei ragazzi si sarà fatto un’indulgente risata. Papa Francesco in un’intervista scherzò sul fatto che chi aveva scommesso su di lui doveva aver guadagnato un bel mucchio di soldi, visto che durante il conclave del 2013 pare fosse dato 47 a 1. Siamo convinti che chiunque sarà il nuovo Pontefice (previsto o, più facilmente riteniamo, imprevisto) sarà il migliore che potessimo avere per un nuovo tra o di cammino insieme. E gli vorremo bene, come ogni cattolico vuol bene al Vescovo di Roma. Perché lui, come Pietro, sarà un uomo fragile e peccatore, che – dicendo sì – avrà sussurrato nel suo cuore un timido “ti voglio bene” al Signore e cercherà di prendersi cura del suo gregge e dunque della fede e della vita di ciascuno di noi.
Alessio Graziani, donalessio@lavocedeiberici.it
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