In un mondo caratterizzato da sempre più grandi “autostrade comunicative”, da flussi cioè sempre più rapidi, convergenti e massivi di informazioni, il Papa ha esortato noi, responsabili dei media cattolici (giornali, radio, televisioni e piattaforme digitali) a percorre tre “sentieri”, senza stancarci, con impegno ed umiltà. E per uno come me che si sente un prete prestato per sbaglio al giornalismo, che amerebbe “solo et pensoso i più deserti campi andar misurando a passi tardi et lenti…”, come nel celebre sonetto del Canzoniere del Petrarca, questo invito è suonato come balsamo rincuorante e provvidenziale. Non rincorrere la velocità, le prestazioni e le luci del mondo, ma preferire piuttosto il passo lento e gli itinerari a volte tortuosi di chi sa che per educare, promuovere la dignità delle persone, la giustizia e la verità, la legalità e la corresponsabilità, ci vogliono sempre tempo, pazienza e fatica. E quali sono questi tre sentieri che, nell’emozionante udienza di giovedì scorso nella Sala Clementina in Vaticano, Francesco ci ha esortato a non perdere mai di vista?
Il primo è quello della formazione, una “questione vitale” l’ha definita il Papa, da cui dipende il futuro della società e in cui i media cattolici devono sentirsi fortemente chiamati in causa. Educare giovani, adulti e anziani a fare discernimento su quanto accade nel mondo, a orientarsi nella complessità del reale, a guardare avanti, senza restare imprigionati nel qui e ora della cronaca. Usando le due virtù del discepolo di Cristo che si relaziona con il mondo, senza esserne conquistato, ovvero la prudenza e la semplicità. Solo così potremo promuovere quella che il Papa ha definito una “ecologia della comunicazione”, un’informazione che sappia sempre ricordare come “al di là delle notizie e degli scoop, ci sono dei sentimenti, delle storie, delle persone in carne e ossa da rispettare come se fossero i propri parenti”. E a questo proposito, ecco allora il secondo sentiero che Francesco ha indicato ai responsabili dei media cattolici: quello della tutela, ovvero della protezione di tutti, ma soprattutto delle fasce più deboli della società (minori, anziani, persone disabili), attraverso la scelta attenta delle parole e delle immagini da utilizzare; rifuggendo le provocazioni e le polemiche che spesso caratterizzano invece l’informazione di oggi; dando voce a chi troppe volte non è ascoltato e realizzando così una vera “democrazia comunicativa”, fatta di partecipazione, ma al contempo di rispetto e di delicatezza. E infine, anch’esso collegato al primo, il terzo sentiero, quello della testimonianza, per spiegare la quale il Papa ha ricordato l’esempio del giovane beato Carlo Acutis, che seppe rischiare la propria vita per il bene, “parlando di fraternità in un mondo individualista; di pace in un mondo in guerra; di attenzione ai poveri in un mondo insofferente e indifferente”, con le parole nei media, ma soprattutto con la sua stessa vita. Perché le parole, anche le più belle, non bastano se poi la vita di chi le pronuncia o le scrive va in tutt’altra direzione. Formazione, tutela, testimonianza. Un bel programma di lavoro per noi giornalisti cattolici e per i nostri media, chiamati ad essere strumenti efficaci senza, tuttavia, cadere nella trappola delle odierne “autostrade comunicative”. Una vocazione ai “sentieri” iscritta, a ben guardare, anche nel cuore e nel nome della nostra Voce dei Berici, che confermata ora dalle parole e dalla benedizione del Santo Padre, vorrebbe essere sempre più libera, alternativa e positiva, tessitrice di una comunità attenta, aperta e solidale verso l’intera umanità.
Alessio Graziani