«Questa generazione di adolescenti può essere davvero un laboratorio di speranza, ma ci vogliono persone adulte disposte a mettersi in gioco».
Don Riccardo Pincerato, 35 anni, presbitero vicentino e responsabile del Servizio nazionale di pastorale giovanile, commenta così il sorprendente successo che ha avuto il Giubileo degli Adolescenti.
L’appuntamento, che si svolgerà tra un mese a Roma, ha raccolto 65 mila adesioni in tutta Italia, 850 dalla sola Diocesi di Vicenza. «È stata una bella sorpresa – conferma don Riccardo -. Ci dice nel territorio c’è attenzione verso questa fascia d’età, si sono comunità, ci sono educatori, un tessuto che ancora investe nell’adolescente. Questo ci riempie di gioia e di consolazione perché racconta di una Chiesa viva».
Don Riccardo, hai provato a spiegarti il “perché” di questo successo?
«Credo che il format sia interessante: sarà un’esperienza di tre giorni e quindi già così forte e significativa. Ma non si tratta solo di andare a Roma, si tratta di sperimentare il Giubileo, un’esperienza di pellegrinaggio, di fede, di riconciliazione».
Secondo te cosa cerca questa generazione di adolescenti?
«È una generazione alla ricerca di figure di riferimento. Dove trovano una proposta e delle figure solide, non si tirano indietro. Sono alla ricerca di bello, di bene e di buono. Approfittiamone per riflettere sul nostro stile di Chiesa, sulla qualità delle nostre proposte. L’adolescente desidera vita, ricevere risposte, essere visto e ascoltato. Cercano proposte che abbiano senso, gusto e se vengono sfidati stanno al gioco. La domanda è: chi fa una proposta oggi? Chi invita gli adolescenti?».
Ma quali sono le “sfide pastorali” che questa generazione pone alla Chiesa?
«Il contesto culturale in cui viviamo non sta rando certezze, anzi. Questa generazione è figlia di un periodo storico del quale, in futuro, ci chiederà conto. Dal 2020 ad oggi è stata un escalation: covid, crisi finanziarie, guerre, cambiamento climatico… Oggi stiamo parlando di riarmo, di bomba atomica. La mia generazione non ha vissuto questo clima durante l’adolescenza. Per questo sono convinto che questi adolescenti possono essere un laboratorio di speranza. Ma ci vogliono persone e comunità che si mettano in gioco con loro».
Andrea Frison
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