«Dobbiamo ridare spazio ai fiumi, intervenire in modo da ripristinare le dinamiche naturali. Ogni corso d’acqua ha esigenze proprie, che vanno capite e valutate e su questo va pianificato qualsiasi intervento umano. Solo così possiamo davvero proteggere l’ambiente e noi stessi».
A dirlo, a pochi giorni dalla Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 marzo, è la giornalista e scrittrice Elisa Cozzarini che di corsi d’acqua ne ha visti e conosciuti tanti. Friulana, si occupa di ambiente, e in particolare di fiumi, oramai da quindici anni e più. Per il suo libro “Radici liquide”, ha percorso le rive di oltre cinquanta torrenti alpini, dalla Valle d’Aosta al Friuli Venezia Giulia, passando per il Veneto. L’ha fatto per «dare voce a tante piccole grandi battaglie e raccontare l’affronto a un ambiente aspro e problematico, fragile e meraviglioso allo stesso tempo».
Un affronto che spesso nelle nostre montagne ha la forma di una centralina idroelettrica. «Sono andata a conoscere queste realtà insieme a chi voleva difendere il territorio da un business che ha danneggiato anche le ultime valli ancora intatte – racconta Cozzarini -. Questi impianti non sono stati costruiti per incrementare la produzione di energia, ma per gli incentivi. Danno un contributo trascurabile, a differenza del loro impatto. L’equilibrio del torrente viene infatti stravolto, così come l’ecosistema. Il corso non ha più il suo regime naturale, diventa un rigagnolo. Non ha la capacità di ricaricare la falda e, restringendosi, lascia spazio a nuova vegetazione creando rischi in caso di eventi alluvionali».
Diverso in parte è invece il caso dei grandi impianti idroelettrici costruiti in passato «che hanno sicuramente un impatto forte, e spesso hanno anche stravolto alcune valli, ma che, ancora oggi, danno un contributo importante alla produzione di energia rinnovabile – spiega la giornalista friulana -. Non mancano però le criticità, soprattutto per l’accumulo degli invasi da sedimenti, e per questo andrebbe valutata, come hanno fatto altri Paesi, la loro effettiva convenienza dopo tanti anni di vita».
Non è però solo l’energia a spingere l’uomo a intervenire con sempre maggiore frequenza sui fiumi. Negli ultimi anni sono tanti i progetti per la realizzazione di bacini, sia come riserve d’acqua sia come forma di prevenzione del rischio alluvionale. «Con questi interventi – aggiunge la giornalista – andiamo al contrario rispetto alle indicazioni della Legge europea sul ripristino della natura che prevede anche il ripristino della continuità fluviale per 25.000 chilometri di corsi d’acqua. Eliminare le barriere significa permettere a un fiume di seguire le sue dinamiche naturali. Ed è così che esso potrà ricaricare la falda e occupare lo spazio di cui ha bisogno, fornendo una protezione da rischi alluvionali più efficace rispetto ai sistemi artificiali rigidi a cui oggi ci affidiamo».
Anche sul tema della manutenzione dei corsi d’acqua la posizione di Elisa Cozzarini è chiara e pragmatica: «È necessario conoscere le dinamiche fluviali prima di agire. Purtroppo, sentiamo spesso dire che disastri anche molto gravi sono la conseguenza della mancata “pulizia” dei corsi d’acqua. Non sempre però il taglio delle piante o l’asportazione di ghiaia sono la soluzione corretta. Dipende dalle situazioni specifiche. A volte le radici possono fungere da contrasto all’erosione delle sponde e certi tagli a raso, in diventano quindi controproducenti. Non solo: le piante che attecchiscono per prime su quel terreno saranno probabilmente invasive ed esotiche, mettendo così a rischio anche la biodiversità ». E aggiunge: «I consorzi di bonifica, grazie alla loro presenza capillare sul territorio, possono avere un ruolo molto importante in una gestione innovativa dei corsi d’acqua. Anche i canali artificiali infatti possono essere riqualificati con tecniche di ingegneria naturalistica, migliorando ambiente e paesaggio».
«Più le dinamiche fluviali sono naturali meno risultano pericolose – conclude Elisa Cozzarini -. L’intervento dell’uomo è necessario, perché abbiamo creato un territorio molto antropizzato, ma serve grande cura. La nostra relazione con i fiumi e la natura è certamente complessa, ma dovrebbe essere finito il tempo in cui si pensa che esistano soluzioni magiche capaci di mettere tutto in completa sicurezza. Per questo, dobbiamo interagire con gli ecosistemi in modo più attento e sostenibile, per il presente e per il futuro».
Vincenzo Grandi
© RIPRODUZIONE RISERVATA