Dieci meditazioni di circa mezz’ora ciascuna: due al giorno per cinque giorni. Si sono tenuti come di consuetudine nella prima settimana di Quaresima in Aula Paolo VI gli Esercizi Spirituali della Curia Romana. I primi predicati da padre Roberto Pasolini, che a novembre del lo scorso anno ha sostituito il notissimo padre Raniero Cantalamessa andato in pensione dopo ben 44 anni di servizio come Predicatore della Casa Pontificia. Anche padre Pasolini è, come il suo predecessore, un frate francescano cappuccino. Fu papa Benedetto XIV che nel 1743 decise che il ruolo all’epoca definito di “Predicatore Apostolico” dovesse appartenere in perpetuo a tale ordine religioso. Tra coloro che predicarono ritiri ed esercizi spirituali al Papa e ai suoi collaboratori figura anche un vicentino, il padre Vigilio da Valstagna, al secolo Federico Dalla Zuanna (1880 – 1956).
Padre Pasolini, milanese, 53 an ni, laureato in Scienza dell’informazione, ritrovò la fede a venticinque anni leggendo in metropolitana una copia del Vangelo allegata al quotidiano del Partito Comunista l’Unità. Le vie del Signore sono davvero infinite! A sorprendere un po’ è stato innanzitutto il tema scelto dal nuovo predicatore per la sua prima proposta di Esercizi Spirituali al la Curia Romana: la vita eterna. Qualcuno, sulla scia delle fantasiose teorie complottiste diffusesi in questo mese di ricovero di papa Francesco al Gemelli, ha ipotizzato un le game con lo stato di salute del Santo Padre. In realtà, ha precisato subito padre Pasolini, la vita eterna è la promessa che sta al centro del messaggio cristiano, il fondamento della nostra speranza, ma oggi è spesso, più che contestata, del tutto ignorata, e non solo dal mondo, ma anche nella Chiesa.
Ecco allora l’urgenza di toglierle di dosso un poco di polvere e tornare a riflettere convintamente sui Novissimi, a partire dalla Scrittura e dalla tradizione catechistica, teologica e spirituale, certi che – ha detto Pasolini – “l’eternità non è solo un premio futuro, ma una realtà che comincia qui, nella misura in cui impariamo a vivere nell’amore e nel la comunione con Cristo. La morte non è una sconfitta, ma il momento in cui finalmente vedremo il volto di Dio e scopriremo che la fine… era solo l’inizio!”.
Nel pomeriggio del 13 marzo il Predicatore della Casa Pontificia ha offerto un’interessante meditazione sul riposo. “L’idea di un’eternità come riposo eterno – ha esordito con l’acume che già più volte ha dimostrato – può sembrare deludente, come se la vita finisse con un’infinita dormita. Ma questa percezione nasce da un equivoco profondo: vediamo il riposo solo come inattività, mentre nella visione biblica è una condizione di pienezza e di appagamento”. Una riflessione urgente e necessaria, in un contesto culturale in cui sul riposo rischiamo di avere spesso uno sguardo distorto, se non anche sospettoso e moralistico, più calvinista che cattolico: “Viviamo in una società che ci impone di essere sempre attivi, sempre connessi, sempre produttivi. Scienza e tecnologia potrebbero oggi permetterci di lavorare meno, e invece lavoriamo di più e riposiamo meno e male.
Fino a quando viviamo con l’ossessione del risultato, non troveremo mai riposo. Solo chi accoglie con serenità il proprio limite può finalmente fermarsi in pace”, perché – ha continuato Pasolini – “il vero riposo non è inattività, ma libertà. È lo stato in cui non dobbiamo più dimostrare nulla, perché ci lasciamo abbracciare dall’amore di Dio. Vivere bene il riposo significa allenarsi alla vita eterna, imparando a vivere senza paura, a lasciar andare il superfluo e affidarci del fatto che Dio è già all’opera in noi. Il riposo vero è pace interiore, capacità di accogliere ciò che la vita ci dona. Non è fuga, ma un modo per imparare a vivere senza ansia, liberi di amare”. Considerazioni da tener preziose in questo nostro Nordest, anche ecclesiale, dove tutti, si pensa, dovrebbero essere disponibili 365 giorno l’anno e 24 ore al giorno.
Alessio Graziani, donalessio@lavocedeiberici.it
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