Softair o Tiro Tattico Sportivo, sport riconosciuto dal Coni, che è diventato di moda anche nel nostro territorio. Squadre di giovani ed adulti imbracciano fucili e si divertono simulando azioni militari sparando pallini. Sui social si trovano decine di video: alcuni sono oggettivamente impressionanti e lasciano quantomeno perplessi in questi tempi in cui le immagini della guerra, quella vera, e delle sue vittime entrano quotidianamente nelle nostre case all’ora del telegiornale.
Equipaggiamenti militari, pose da combattenti navigati, le urla mentre escono dalla “trincea”, la determinazione con cui strisciano, sembrano vere esercitazioni militari.
Tuttavia la pratica nel mondo giovanile può avere anche risvolti “educativi”. Lo assicura Davide Favaretto, 39 anni, da più di 20 anni animatore dei Salesiani di Mogliano Veneto che ogni anno organizza il “Veneto softair camp”, esperienza estiva per ragazzi dai 11 ai 20 anni che vogliono approcciarsi al mondo del softair e survival (sopravvivenza).
«La maggior parte dei ragazzini ama il softair perché tramite il gioco misura la propria abilità fisica, l’agilità e la destrezza, due parole care al padre dello scoutismo Baden Powell che danno soddisfazione. È interessante farli uscire dalle proprie stanze, portarli sul campo a partire dalle loro passioni». È l’opinione di Carlo Presotto, attore, regista, formatore ed esperto di giochi di ruolo e videogiochi, insegnante allo Iusve di Venezia.
La parte che lo convince meno è la militarizzazione del gioco. «Mi piacerebbe che i gruppi smilitarizzassero la pratica – spiega -, basta tute mimetiche, fucili realistici, preferisco un tubo spara pallini. In commercio ci sono oggetti ludici e repliche di armi vere, le seconde vorrei sparissero. Mi piacciono e mi divertono i gruppi di ragazzi colorati, che si sfidano in luoghi strani come i teatri, non la riproduzione di contesti che potrebbero essere scenari di guerra reali».
«Fin da primi anni di età i bambini giocano a competere fingendo dei combattimenti – continua l’esperto -, per loro è molto chiaro che si tratta di un gioco simbolico. Cooperano insieme imitando gesti e dinamiche che apprendono dai film, dalla televisione.
È come giocare a mamma-casetta: giochiamo per spiegare noi stessi che cosa succede in famiglia. L’idea di giocare al litigio è un modo per allenarsi a gestirlo, a metterlo in gioco, non dico a risolverlo, ma ad accettarlo e a gestirlo in modo non violento».
A proccupare Presotto sono certi adulti che praticano softair: «Il rischio è perdere il confine tra immedesimazione e realtà . Quando si entra così tanto in un personaggio, e parlo da attore, devo per forza interrogarmi sul perché. Voglio divertirmi o calarmi in un ruolo che vorrei impersonare, ma non sto impersonando?».
Marta Randon
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