È omonimo del Segretario di Stato Vaticano e, neanche a dirlo, ne è orgoglioso: «Quando il cardinale era Nunzio apostolico io ero uno sceneggiatore discretamente conosciuto; se si digitava il nostro nome su internet apparivamo 50 e 50, da quanto è diventato il braccio destro del Papa non c’è partita», scherza il regista, sceneggiatore e scrittore vicentino Pietro Parolin. 47 anni, cresciuto a Rosà , una laurea in lettere, si è formato professionalmente tra Milano e Roma dove ha lavorato a varie fiction (“La Squadra” e “La nuova squadra” su Rai 3). Ha collaborato con Sky Cinema e Disney, tiene lezioni di sceneggiatura nella Scuola Internazionale di Comics di Padova ed è impegnato nella stesura dei dialogi della soap opera “Il Paradiso delle signore” in onda su Rai 1. Uno degli ultimi lavori come regista e sceneggiatore è il cortometraggio sulla disabilità “Dove l’alba è di tutti”, interpretato da persone con disabilità e commissionato dall’Istituto Palazzolo di Rosà , gestito dalle suore delle Poverelle.
Pietro come è stato contattato?
«Dall’associazione “La Famiglia del Palazzolo”, realtà che ha l’obiettivo di far conoscere le attività degli Istituti Pii. L’idea è di uno degli ospiti, Alessandro Forlin, scelto poi come protagonista, che aveva visto altri corti interpretati da persone con disabilità . In poco tempo ho messo in piedi troupe, vari professionisti, le suore ci hanno spalancato le porte e abbiamo girato tutto in due giorni. Il risultato è 20-30 volte superiore all’investimento economico. Io naturalmente ho lavorato gratuitamente come il 99% degli altri professionisti sul set che ringrazio. È stato un bellissimo lavoro di squadra che ha coinvolto gli ospiti, le operatrici e le religiose. Al Palazzolo ho frequentato l’asilo, è una realtà che fa parte della mia infanzia, era curioso di rivedere quei posti che mi risuonavano dentro in modo molto forte».
Che futuro avrà il corto?
«Lidea è di farlo conoscere il più possibile, partecipando a vari festival. Molto probabilmente, e lo spero di cuore, l’anno prossimo sarà al Festival del Cinema di Venezia, fuori concorso, ospite della Regione Veneto».
In che modo si sente legato al mondo del sociale, della disabilità ?
«Mia moglie ed io abbiamo un bimbo in affido, siamo sensibili e vicini a certe dinamiche. Chi fa il mio mestiere non può non esserne trasportato».
Nel 2015 è uscito al cinema il suo primo film, “Leoni” con Neri Marcorè. Che esperienza è stata?
«Quando si scrive per le serie tv si è parte di un ingranaggio. Si possono dare alcune sfumature, ma il binario da seguire è quello. Il cinema è un altro paio di maniche. Lo sceneggiatore scrive per immagini e negli anni è cresciuta in me la voglia di stare dietro la macchina da presa. Quando ci ho provato me ne sono innamorato. Mi piace il set, la collaborazione, ci sono gli attori, la produzione, gli sponsor, bisogna seguire mille cose, c’è molta adrenalina. E come nel rugby: si fa tanta fatica insieme in un tempo breve e ci si lega tantissimo».
L’anno dopo, nel 2016, ecco il suo primo romanzo “Saltaboschi. Il bandito della Valsugana” girato nel nostro territorio al quale è legatissimo.
«Il libro è ambientato tra Bassano e un paese non ben specificato che potrebbe essere Valstagna. È la mia terra, ci sono cresciuto. Il Bassanese ha due anime: una fatta di dolci colline, ville, tra Pove e Marostica, l’altra, sulla Valsugana, è torrida, cupa, misteriosa. Mi sono divertito ad ambientarci un romanzo storico, sul contrabbando del tabacco nel periodo tra la caduta dell’Impero Austroungarico e l’annessione del Veneto all’Italia nel 1866. Un breve romanzo di formazione. Ho fatto tantissime ricerche».
Sogni per il futuro?
«Ho un grande sogno: portare il cortometraggio “Dove l’alba è di tutti” in Vaticano. Devo scrivere al Cardinale mio omonimo. Con lo stesso nome spero di avere buone chance che mi ascolti!».
Marta Randon
© RIPRODUZIONE RISERVATA