Sabato scorso c’è stato di tutto: la Messa dell’aurora a Monte Berico al termine del pellegrinaggio notturno dei giovani, il concistoro a Roma con l’imposizione della berretta cardinalizia al nostro caro mons. Marchetto, il Convegno liturgico delle chiese del Triveneto a Verona, il doppio corteo contro la Tav (la Crusca dice che, volendo indicare la linea e non il treno, è preferibile usare l’articolo femminile, quantunque l’acronimo indichi una realtà maschile) … tutte realtà di cui questo numero del nostro Settimanale vi rende conto, con dovizia di particolari e ricchezza di riflessioni.
Il sottoscritto, però, sfinito solo all’idea di tante e tali manifestazioni di impegno socio religioso, ha ceduto alla tentazione (ma non ditelo magari al Vescovo) di recarsi in fiera per il suo primo Comics. Non che sia particolarmente appassionato di fumetti, anche se, come molti altri bambini, prima che sul Libro di lettura, ho imparato a leggere grazie a Topolino, Braccio di Ferro e all’indimenticabile Nonna Abelarda. Ma, avendola questa volta così vicina a casa, mi incuriosiva l’idea di poter partecipare ad una fiera del fumetto e dei giochi, di conoscerne il variegato mondo e di avvicinarne i suoi ancor più variegati frequentatori.
Le aspettative, devo riconoscere, non sono state deluse. Centinaia di persone, perlopiù giovani, ma non solo, affollavano i due padiglioni della fiera. Tra loro, molti erano vestiti come gli eroi dei fumetti, delle serie TV o dei videogiochi. Tecnicamente si chiama cosplay. La parola, coniata in Giappone fondendo due parole inglesi, indica la pratica di indossare il costume del proprio personaggio favorito e interpretarne il modo di agire. Se volete è un po’ carnevale, ma decisamente meglio di quell’orrore di Halloween che ci attende, ahimè, tra poche settimane.
Elfi, Superman, l’Uomo Ragno, Capitan America, Super Mario, personaggi di “Stranger Things” o dell’intramontabile “Guerre Stellari”, di tutte le taglie ed età, si aggiravano pacificamente tra gli stand di fumetti, giochi da tavolo e videogiochi. Si tratta in genere di eroi positivi, che lottano contro il male in un mondo dove regnano sconvolgimenti e disordine. Le storie narrate nei fumetti e quelle che fanno da cornice ai diversi giochi ricalcano per la maggior parte lo schema antico di un ordine da ristabilire, affrontando una serie di vicissitudini e di prove.
Oltre alla possibilità di acquistare giochi e fumetti, la fiera permetteva di vedere all’opera alcuni fumettisti, tra cui Dario Viotti (autore della suggestiva locandina della manifestazione, con i principali monumenti vicentini, tra cui la Cattedrale, raccolti a grappolo e sospesi in un paesaggio lunare) e una bravissima disegnatrice cinese (dal nome impronunciabile) intenta a raffigurare strampalate storie di irresistibili gattini. Interessante poi scoprire come nella nostra provincia vi siano diverse associazioni di persone che si trovano una o più sere alla settimana per giocare insieme a giochi in scatola o di ruolo. Come il Magnogato di Bolzano Vicentino, La tana del Goblin di Lonigo o Il circolo di pietra di Costabissara.
Giocare, immedesimarsi, sognare, può certo anche costituire un rischio, la possibilità di una fuga in una realtà fantastica che porta al disimpegno sociale o, nel caso soprattutto dei videogiochi, ad un vero e proprio isolamento (pensiamo ai crescenti casi estremi dei cosiddetti hikikomori). E tuttavia quanto ho visto in fiera a Vicenza sabato scorso mi rende propenso a pensare che forse se tutti, crescendo, non perdessimo la dimensione ludica e fantastica della vita, con avventure e leggende che in fondo, a modo loro, rivelano quel bisogno insopprimibile di trascendenza sempre presente nell’uomo, forse ci sarebbero un po’ più di gioia nel cuore e un po’ più di pace nel mondo.
Alessio Graziani