Adesso stanno producendo anche le colombe solidali. Protagonisti ragazzi e adulti con disabilità dell’associazione “Il paese di Alice” di San Bonifacio e delle cooperative Cpl-Servizi dello stesso paese, “Crescere insieme” di Pressana, “Il fiore” di Monteforte d’Alpone che frequentano il laboratorio “Mani in pasta”.
Si tratta di un progetto sorto lo scorso ottobre a Lobia di San Bonifacio (in via Selva 63), dove il panificio Dovigo ha dato in comodato d’uso gratuito le sue attrezzature, impastatrice e forni. Giuseppina Stefanello aveva espresso il desiderio di impegnare nel lavoro la figlia con sindrome di Down. E subito il ventiquattrenne Emanuele Ambrosi di Prova, studente di Economia e commercio all’Università di Verona, esperto di panificazione, già appassionato di preparare dolci tra le pareti domestiche, nonché sensibile al sociale, ha raccolto e interpretato il bisogno, facendo nascere appunto il progetto laboratoriale “Mani in pasta” che gestisce con amore e competenza. «Pensavo: se questi ragazzi facessero quello che vendono, avrebbero più successo. E così ho aperto una partita iva, mi sono iscritto all’albo degli artigiani. Da gennaio produciamo anche il pane per i panifici della zona, precisamente ogni giorno ne sforniamo trentatré chili», spiega Ambrosi. Il racconto si approfondisce: «Le attività si svolgono dal lunedì al venerdì, mattina e pomeriggio, con orario 9.30-11.30 e 16-18.30, per un totale di dieci laboratori a settimana. Tanti sono i volontari disposti ad aiutarmi. Abbiamo in progetto di aprire a settembre un panificio, grazie al sostegno di Itas assicurazioni. A me qesta esperienza regala moltissimo. Posso migliorare a livello tecnico ed evolvere a livello umano. Cerco di capire e motivare i partecipanti. L’obiettivo è di farli passare – attraverso il lavoro – da una visione fanciullesca a una visione adulta. E gli educatori mi spingono in tal senso. Per mezzo dell’occupazione i ragazzi e adulti diversamente abili – che hanno seguito un apposito corso sulla sicurezza alimentare – possono davvero costruirsi un’autostima. Considero l’attività utile come impatto sociale. I frequentanti, pur avendo difficoltà, si impegnano per ottenere un prodotto di qualità, buono, curato nel minimo dettaglio». Ambrosi è felice. «Si tratta – rivela – di un lavoro bellissimo, fatto a misura per me. Faticoso, ma pieno di soddisfazioni, e cercherò di portarlo avanti con forza d’animo e determinazione».
Stefania Solfa, presidente dell’associazione “Il paese di Alice” e madre di una ragazza di 23 anni pure con sindrome di Down, afferma: «Qui c’è un ruolo per tutti. Il prodotto è valido, genuino, ha il sapore del “fatto in casa”. Viene impiegato il lievito madre. Con i ragazzi Emanuele è bravissimo. Spiega, non agisce al posto loro, è paziente. Prima di intraprendere l’avventura, lui aveva provato nella taverna della sua abitazione. I ragazzi vanno volentieri, vivono con piacere le fasi lavorative, riescono effettivamente ad applicarsi, si ricordano quand’è il loro turno, sono entusiasti. Vedono il prodotto finito nei mercatini – ci mettiamo anche davanti alle chiese – e dicono: – Questo l’ho fatto io. Notano che il prodotto viene apprezzato. Un valore aggiunto che accresce la gioia. Noi genitori ci teniamo molto. Per i nostri figli l’attività può significare un futuro. Gli inserimenti lavorativi con le Legge 68 sono in realtà difficili, andrebbero sempre accompagnati da qualcuno. Nel caso nostro si è creato un progetto “protetto”. Altro elemento non trascurabile: i ragazzi hanno modo di muoversi, e spostandosi conoscono nuove persone e nuove realtà».
Il lavoro è calibrato in base alle potenzialità di ciascuno, che si sente parte del risultato finale.
Ogni persona può esplorare i vari materiali per comunicare, inventare, creare e sviluppare esperienze di natura sensoriale, progettuale e psicomotoria. Grazie agli introtiti si attua un’autonomia finanziaria per uno spazio nel mondo lavorativo che consenta realizzazione e gratificazione.
Maria Bertilla Franchetti