Da Mosson, nel comune di Cogollo del Cengio, fino ad Asiago con il mezzo di locomozione più antico del mondo: le proprie gambe.
Se le recenti norme emanate per contenere la diffusione della pandemia hanno fortemente penalizzato la montagna, portandosi dietro polemiche non ancora sopite, è giusto sapere che esiste anche una montagna “diversa”, un ambiente che si può conoscere ed esplorare con il mezzo di locomozione più antico al mondo: le proprie gambe. È anche in quest’ottica che va letta e interpretata la riscoperta di alcune aree collinari e montane della nostra provincia, che possono essere vissute in semplicità armandosi solo di buona volontà e di uno zaino in spalla. Con tanta voglia di camminare. È il caso, ad esempio, dell’itinerario che parte da Mosson, nel Comune di Cogollo del Cengio, e arriva ad Asiago: un tragitto di oltre 16 chilometri usato per secoli come via di collegamento tra la pianura vicentina e l’Altopiano dei Sette Comuni. È l’antica strada del Costo, un grande patrimonio storico a lungo dimenticato, che di recente il gruppo di volontariato degli Escursionisti Storico Umanitari, composto da una ventina di persone tra cui anche alcuni immigrati richiedenti asilo, ha ripulito e sistemato a proprie spese, eccezion fatta per un piccolo contributo da parte dell’amministrazione comunale di Cogollo. Un’opera che ha richiesto un anno e mezzo di lavoro e migliaia di ore per liberare la strada dalla vegetazione, riportandone in luce il sedime. I lavori comprendevano anche la sistemazione delle massicciate e dei muretti e la pulizia delle principali pozze lungo il percorso, un tempo a servizio della transumanza. L’Antica Strada raggiunge Capitello del Costo, imbocca la Val Canaglia e, seguendo la Val di Maso, arriva a Cesuna e Roncalto. Da qui attraversa la zona artigianale della contrada Coda e per contrada Morar conduce fino ad Asiago. Ci vogliono almeno sei ore per compiere il percorso completo, ma il tragitto si può effettuare anche parzialmente e si tratta comunque di un itinerario facile e adatto a tutti, che si svolge su strade forestali, sterrate o mulattiere sempre bene indicate e senza problemi di orientamento nei casi di nebbia o cattivo tempo.
Il dislivello complessivo, per chi compie il percorso completo, è di oltre 800 metri. E’ bene indossare scarpe sportive da trekking, portare uno zaino, un vestiario adeguato, una borraccia d’acqua e un cappello.
A partire da questo recupero, d’ora in poi l’antica via, grazie anche al supporto del Cai che l’ha inserita tra i propri sentieri, può essere ampiamente valorizzata perchè si tratta di un collegamento di pregio per il tempo in cui venne concepito (al tempo il percorso più diretto e veloce per collegare Vicenza e la pianura al ‘Nemus Asillagi’ – nome che gli antichi romani avevano dato bosco sacro di Asiago). A ben vedere si può definire un vero monumento della capacità umana di costruire, recuperare e mantenere.
Di recente il tragitto è stato sistemato e valorizzato da alcuni volontari del gruppo Escursionisti Storico Umanitari.
Per quanto riguarda l’origine, secondo alcuni storici si tratterebbe di un’opera viaria di epoca romanica realizzata per scopi commerciali e sfruttamento di risorse locali, soprattutto il legno che allora era materiale pregiatissimo e che arrivava a Vicenza. «Il progetto dell’antica strada è stato presentato a Mosson davanti ad un centinaio di appassionati di storia locale e del territorio riuniti nella sala parrocchiale del cinema – spiega Lucia Spolverini, direttrice del Museo Le Carceri di Asiago e del Museo Etnografico della Comunità di Foza – . I due promotori dell’iniziativa, Tarcisio Bellò e Giorgio Spiller, hanno sottolineato l’importanza storica di questa strada che univa Mosson, antica porta di accesso all’Altopiano, alla soprastante montagna. Foto storiche e perfino mappe antiche, dal 1600 fino agli inizi del 1900, e documenti inediti hanno arricchito la presentazione imperniata su vecchi ricordi legati a questa via percorsa per lungo tempo, a piedi, in bicicletta o anche con gli sci, dagli abitanti dell’Altopiano».
Infine una nota di merito che aggiunge altro valore a quest’opera. Il progetto infatti si è classificato al terzo posto del Premio nazionale Go Slow, iniziativa che dal 2007 accompagna la transizione del Paese verso l’adozione di reti, sistemi, infrastrutture e percorsi progettati per una migliore qualità della vita e per garantire esperienze di mobilità orientate alla salute, al benessere e all’accessibilità. Una nuova ecologia evolutiva, che accompagna i luoghi e le destinazioni – città, borghi, paesaggi e territori – verso forme di mobilità dolce e infrastrutture leggere per le comunità e per i viaggiatori che cercano luoghi di vacanza in cui si possa evitare l’uso dell’automobile, luoghi accoglienti, che sappiano offrire ospitalità e servizi di valore a chi sceglie di viaggiare a piedi, in bicicletta e con le altre modalità naturali o sospinte da energie rinnovabili. Questa la motivazione del premio: «Per la notevole estensione territoriale dell’Altopiano dei Sette Comuni fruiti in mobilità dolce, lungo transumanze, ferrovie a scartamento ridotto, pianure e immensi prati in quota; per la riscoperta di molteplici sentieri dimenticati, lungo una indissolubile e felice unione fra paesaggi e viaggiatori».