Il 4 marzo ci sono le elezioni politiche. Noi cittadini dovremmo andare a votare. Il condizionale è d’obbligo. Visto i sondaggi, infatti, l’attenzione si sta concentrando sempre più su quello che già da tempo, nel nostro Paese, è il quarto polo rappresentato dal non voto, gli astensionisti. La domanda oggi non è “Cosa voterai il 4 marzo?”, ma “Il 4 marzo andrai a votare?”.
I dubbi sono comprensibili, e i politici (trasversalmente tutti) sembrano metterci del proprio per alimentare i motivi che li aumentano. Eppure pur rendendoci conto che la nostra democrazia non scoppia di salute (o forse innanzitutto proprio per questo), sentiamo che mai come questa volta ci è chiesto un sussulto di responsabilità. La nostra democrazia ha bisogno di essere riformata e rafforzata, ma prima di tutto difesa e per questo come cittadini e come credenti non possiamo stare a casa.
Cosa voteremo? Abbiamo un mese abbondante per informarci, per superare i mal di pancia che il gioco “a chi la spara più grossa”, tipico di questa campagna elettorale, ci provoca, per capire quali sono i valori e le scelte veramente in gioco.
Il voto è ancora uno dei pochi veri strumenti(per quanto limitato e reso parziale da leggielettorali sgangherate) che sono in mano a noicittadini per incidere sulla vita del Paese.
Non possiamo prenderci il lusso di decidere sulla base della pura emotività, quasi per capriccio e ripicca contro i politici “brutti, cattivi ecc. ecc.”. Il voto è una cosa seria e per questo non possiamo buttarlo alle ortiche. Il voto esprime il sentirsi parte di una comunità e mai come ora l’Italia ha bisogno che prevalga il “noi” rispetto all’“io”.
Il 4 marzo, dunque, andiamo a votare perché se stiamo a casa non ci assumiamo nessuna responsabilità sul futuro nostro e su quello dei nostri figli e rinunciamo al diritto di lamentarci. Semplicemente ci illudiamo di restare fuori da un gioco che comunque ci riguarda e di cui, comunque, continueremo a pagare i conti.
Il voto è per definizione parziale. Non c’è il voto giusto in assoluto. Non andare a votare è, invece, comunque lo si guardi, una sconfitta.
Votiamo perché in ballo ci sono valori fondanti, valori, pagati anche a prezzo della vita da tante generazioni che ci hanno preceduto e che hanno garantito all’Italia decenni di progresso e benessere di cui tutti noi abbiamo goduto. Questi valori non sono garantiti, vanno difesi e alimentati dalla partecipazione popolare. Come cittadini e credenti dobbiamo andare a votare perché non ci è data l’opzione di chiamarci fuori: il Bene comune (riferimento fondamentale per ogni cittadino – credente) si alimenta anche con il voto e chiede l’impegno di ciascuno. Il futuro dell’Italia, il nostro futuro passa anche per questa consapevolezza.