«Papa Francesco ci ha sorpresi tutti. Annunciando che non avrebbe scritto una esortazione apostolica, ma che il testo approvato dall’assemblea sarebbe stato reso pubblico immediatamente, ha espresso la sua fiducia verso il processo sinodale e in tutta la Chiesa, guidata dallo Spirito».
Suor Samuela Rigon, 59 anni, originaria di Poianella, vive a Roma ed è la madre generale delle Suore Francescane della Santissima Madre Addolorata. Come membro di nomina pontificia suor Samuela ha partecipato alle due sessioni della XVI Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nel 2023 e dal 2 al 27 ottobre di quest’anno.
Suor Samuela, come ha vissuto e che ruolo ha avuto in questa seconda sessione?
«Parteciparvi è stato molto arricchente, si è mantenuta viva questa esperienza di universalità , di contatto con parti del mondo dove la Chiesa è attiva e di cui non si sente mai parlare. È stata un’esperienza anche impegnativa, con un ritmo di lavoro incalzante all’interno di una cornice importante di preghiera e di spiritualità . Il clima era molto positivo anche perché eravamo tutte persone che si erano già incontrate lo scorso anno, che avevano potuto conoscersi e lavorare insieme. Il metodo di lavoro ha garantito disciplina, partecipazione di tutti e un clima di ricerca comune, insieme, della volontà di Dio e delle luci che Dio accende sul nostro cammino di oggi».
Tra i temi emersi, quali hanno appassionato di più i partecipanti?
«Alcuni temi essenziali hanno fatto da sfondo a tutto il percorso, soprattutto quello dell’accoglienza, di essere una Chiesa dalle porte aperte a tutti, in uscita, non statica, che vive la misericordia. Un altro tema è stato quello dell’autorità nella Chiesa, del clericalismo come modo sbagliato di vivere funzioni e compiti assunto non soltanto dai chierici, ma da tutti coloro che vivono un’autorità . Infine si è parlato molto dei vescovi, del compito importante che hanno, ma anche della condizione umana che vivono, segnata molto spesso da fatica e solitudine. Ma i temi che abbiamo toccato sono stati veramente tanti».
Il fatto che alcuni argomenti come quello del diaconato femminile siano stati affidati a gruppi di lavoro e non affrontati dall’assemblea sinodale come è stato vissuto?
«Credo sia stato un passaggio importante e certamente non ha esautorato la responsabilità dell’assemblea sinodale. Anche perché su richiesta dei membri del Sinodo è stato possibile incontrare i responsabili o alcuni membri di questi gruppi e interloquire con loro. È stato un momento importante, non sono mancati momenti di confronto e di tensione, ma anche questo fa parte del camminare e del discernere insieme. Certe decisioni, come quella sul diaconato femminile, non possono essere prese con superficialità e vanno approfondite da un punto di vista teologico, canonico, pastorale e antropologico e richiedono un’ampia consultazione e una rappresentanza adeguata delle diverse parti del mondo, delle diverse culture e delle diverse voci. La questione è rimasta aperta e lo trovo positivo».
Ora, conclusa l’assemblea, cosa dobbiamo aspettarci?
«Si è concluso il Sinodo come assemblea, ma una volta che il documento finale è stato redatto non significa che il lavoro è completato. La sinodalità è camminare insieme, costruire relazioni e crescere nelle relazioni. Abbiamo parlato della Chiesa come “casa”, una Chiesa più capace di nutrire le relazioni: con il Signore, tra uomini e donne, nelle famiglie, nelle comunità , tra giovani e anziani, tra gruppi sociali, con la creazione, affrontando le tensioni e fatiche che inevitabilmente ci sono. Questo camminare insieme, con il Signore e tra noi, è il modo di essere della Chiesa, è la sinodalità ».
Andrea Frison
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