Via Crucis

Stazione VII – Il Cristo cade ancora … per rialzarci

di don Francesco Gasparini, Manuela Mantiero

Questa è la prima tela della Via Crucis ad essere stata pensata e realizzata da Paolino Rangoni.

Questa tela, insieme alla Deposizione, è la prima ad essere stata pensata e realizzata dal pittore. In effetti, rispetto alle stazioni già descritte (dipinte negli anni successivi), nel dipinto si osserva una dinamica diversa nella costruzione della composizione. Se nelle tele finora presentate avevamo sempre tre piani di successione (un primo piano con Cristo, un secondo con – in genere – le guardie e un terzo dato dalla folla sullo sfondo), in questa settima stazione ne possiamo annoverare ben 5. Rimane il fondale delle persone, volti indeterminati, a creare una sorta di scenografia su cui l’autore costruisce letteralmente il brano pittorico, come fosse una quinta teatrale. Vi sono poi le guardie intorno al corpo di Gesù che, muovendosi in cerchio quasi come una sorta di balletto, scandiscono la progressione dei livelli verso il punto più vicino al fedele che guarda. Il primo piano è regolato dalla figura del soldato chinato nel tentativo di sollevare la croce per rimetterla subito sulle spalle di un Gesù schiacciato a terra dalla fatica.

Unici due elementi che esulano dalla ritmica metrica di costruzione dell’opera sono proprio il corpo di Cristo e il legno della croce. Ambedue tracciano diagonali che fendono la tela creando quella dinamica necessaria per avvertire la drammaticità dell’evento. La croce, a terra, segna il primo piano insieme alla guardia posta sulla sinistra, mentre il corpo di Cristo raccorda diversi livelli fra loro accompagnando il nostro occhio verso l’orizzonte, verso quella folla di anime con il volto sfocato che guarda inerme il calvario del Salvatore. Ormai fuori delle mura, il corpo di Gesù viene meno di nuovo per la spossatezza, e cade per la seconda volta, fra le grida della folla (che nel quadro vediamo in un anonimato tenebroso e verdastro) e gli spintoni dei soldati. La debolezza del corpo e l’amarezza dell’anima hanno provocato la ricaduta di Gesù. Non sono solo le sevizie, lo sfinimento e il peso della croce sulle spalle, a farlo cadere. Su Gesù grava un peso non misurabile, qualcosa di intimo e profondo che si fa sentire a ogni passo più nitido. È un altro il peso che lo accascia: “Si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori… schiacciato per le nostre iniquità… portava il peccato di molti”.

Tutti i peccati degli uomini – anche i miei – pesano sulla sua Umanità. I quattro soldati gli sono attorno, energumeni palestrati disinteressati al suo dolore, sadici desiderosi solo di vederlo patire e tribolare. C’è una persona che ci offre un segno di compassione: è il Cireneo che pone la sua mano destra sulla spalla di Gesù e sembra rincuorarlo, fargli coraggio. Sta patendo con Lui… Gesù, caduto in modo scomposto, pur a fatica si rialza per continuare il cammino. Trova la forza di andare avanti, non teme le difficoltà che sa di incontrare ulteriormente. Sa che alla fine di quella salita ci sarà il Calvario, ma anche questa non sarà l’ultima parola, perché è venuto per spalancarci la vita eterna. Gesù si rialza per arrivare proprio lì, alla croce, per aprirci le porte del suo Regno. Gesù cade per il peso delle cadute dell’uomo di oggi, perché in molte parti, ma soprattutto nel mondo occidentale, i cristiani sembrano stanchi della fede, si sono disinteressati di Dio e hanno abbandonato il Signore. Le grandi ideologie dell’Occidente hanno costruito un paganesimo peggiore dell’antico, che vuole accantonare definitivamente Dio, ma questa folle corsa ideologica è finita per sbarazzarsi dell’uomo, banalizzando la sua dignità. Senza Dio, l’uomo che non crede più a nulla, si lascia semplicemente andare e giace così nella polvere. Il Signore porta questo peso e cade e cade, per poter venire a noi, per soccorrerci. Steso a terra, egli ci guarda: è caduto per guardarci da dove noi siamo di fatto, perché il nostro cuore, incrociando il suo sguardo, si risvegli. Cade per rialzarci.

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