Il 2 aprile 461 voti favorevoli alla Camera hanno dato il primo ok all’emendamento al disegno di legge chiamato Codice rosso, che prevede altri reali quali lo stalking, lo sfregio, lo stop ai matrimoni forzati. Nessun deputato contrario. Ora la palla passa ai senatori: finora tre partiti hanno presentato ciascuno una proposta di legge diversa (Fratelli d’Italia, Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle). Il 7 maggio si è deciso di approfondire ulteriormente l’argomento, e di recente il Presidente del Consiglio Conte ha ulteriormente sensibilizzato le forze politiche.
Revenge pornography in italiano si traduce “vendetta pornografica” e indica la condivisione pubblica di immagini o video intimi tramite internet o social media senza il consenso dei protagonisti.
Il termine si riferisce al caricamento e trasmissione attraverso rete informatica di materiale sessuale esplicito in particolare per vendicarsi dopo la fine di una relazione e anche in contesti non propriamente vendicativi, come ad esempio la distribuzione di pornografia senza consenso. L’emendamento prevede pene da uno a sei anni di carcere e fino a 15 mila di euro di multa per chi diffonde materiale intimo senza il consenso di chi è ripreso.
Il caso italiano più eclatante è quello di Tiziana Cantone, giovane donna che nel 2016 si è tolta la vita dopo che contenuti a sfondo sessuale che la riguardavano hanno fatto il giro del web.
«Sono felicissima che la legge sia passata alla Camera, anche se mi dispiace che la classe politica arrivi “sempre” dopo episodi gravissimi di cronaca – dice l’avvocato Iside Castagnola, esperta in diritto dell’informazione, componente del Comitato media e minori del Ministero dello sviluppo economico (Mise) -. Con il revenge porn si attua un importante passo in avanti soprattutto per la tutela delle donne, che sono – a livello numerico – le vittime maggiori. Il primo fatto rilevante è che si agisca immediatamente sui tempi (il pubblico ministero ha l’obbligo di sentire la persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato). Ognuno di noi deve sapere che ciò che si pubblica è ovunque e per sempre. Ricordiamocelo, in particolare noi donne dobbiamo essere molto più attente. Un altro fatto importante, è che ci sia l’aumento della pena se i contenuti espliciti vengono diffusi attraverso strumenti informatici da ex fidanzati o ex coniugi. La vittima va risarcita del rapporto di fiducia che c’era».
Sicuramente si tratta di un’emergenza sociale per i giovani «ma soprattutto per gli adulti» sottolinea Castagnola.
«Associazioni, enti, parrocchie, dovrebbero organizzare incontri per sensibilizzare e responsabilizzare le persone al rispetto e alla consapevolezza dell’uso delle immagini. Noi donne dobbiamo essere sentinelle l’una dell’altra, dobbiamo sapere che ciò che facciamo può rivoltarsi contro. Il diritto alla privacy va valorizzato».
L’avvocato ogni mese incontra centinaia di ragazzi nelle scuole: «Fino a 16-17 anni i giovani non sono assolutamente consapevoli dell’importanza del diritto alla privacy e dell’identità digitale che si creano. Alcune aziende americane oltre alla laurea e al master, valutano la tracciabilità dell’identità digitale».
Educare all’uso consapevole delle immagini e a una sessualità autentica diventa il passo preliminare, non soltanto per prevenire il revenge porn, ma soprattutto per capire che il sesso è – come ha spiegato Papa Francesco a un gruppo di giovani della diocesi di Grenoble-Vienne nel settembre del 2018 – «il punto più bello della creazione, è un dono di Dio che ha due scopi: amarsi e generare vita».