«Durante una marcia francescana, una suora mai vista prima mi ha detto “sei bella”. Ho sentito di essere guardata da Dio e amata così com’ero, senza dover raggiungere un ideale di perfezione. Da quel momento, è cambiato tutto».
Suor Roberta Sommaggio, 43 anni, di Lonigo, lo scorso 14 dicembre ha pronunciato i voti perpetui nel convento di San Daniele, un luogo significativo nel percorso che l’ha portata a entrare nella congregazione delle Suore Francescane dei Poveri.
«Dopo le superiori ho studiato infermeria e ho iniziato a lavorare in ospedale – racconta la religiosa -. Ho sempre frequentato la parrocchia e l’Azione cattolica, ma ho sempre avuto il “pallino” della missione e con i saveriani ho potuto trascorrere due mesi in Costa d’Avorio. In missione e in ospedale il mio lavoro è stata un’esperienza di prossimità fondamentale, che volevo però vivere oltre alla professione, come stile di vita. Sentivo che dovevo mettermi in movimento».
Roberta inizia così a frequentare i francescani di Lonigo e, da qui, le Suore Francescane dei Poveri. «Ho capito che dovevo prendermi del tempo, così mi sono licenziata e sono andata a Roma per un tempo di discernimento in un centro giovanile della congregazione che si occupava di poveri, famiglie e senza fissa dimora. Avevo 31 anni». Le giornate di Roberta trascorrono dedicando molto tempo all’ascolto dei senzatetto. «Da buona “veneta” mi pareva di non combinare niente, ma era esattamente quello di cui avevano bisogno: qualcuno che li “vedesse” e dedicasse loro del tempo».
I pezzi del puzzle hanno così cominciato a comporsi e Roberta è entrata nella congregazione, per pronunciare i primi voti a 35 anni, nel 2017. Oggi suor Roberta vive a Messina, «in una comunità che si occupa soprattutto di giovani e di donne – racconta -. Abbiamo molte attività, sia pastorali che sociali. Personalmente seguo un centro di ascolto per gli studenti di una scuola superiore, e per svolgere questo servizio mi sto formando in coaching e counseling».
Tornare a Lonigo per i voti perpetui ha significato «mettere i piedi pienamente dentro alla mia vita. In quel giorno ho provato una sensazione forte di solitudine e di comunione. Solitudine perché ero io chiamata ad ancorarmi a Dio nella mia interezza. Allo stesso tempo ho sentito l’alleanza, il sostegno della mia famiglia, della famiglia religiosa, della Chiesa locale, degli amici».
Oggi, con i giovani di cui si occupa a Messina, torna prepotentemente l’importanza di quello sguardo con il quale Roberta si è sentita guardata all’inizio del suo cammino verso la vita religiosa e che si è trovata a donare ai senzatetto di Roma. «Restituire lo sguardo di Dio a questi giovani, come a tutte le persone, per me è il cuore dell’evangelizzazione. Hanno bisogno di sentirsi dire vai bene così come sei, sei prezioso e importante. Essere visti in quel modo ti sgancia e ti libera da ogni schiavitù».
Andrea Frison
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