Il dialogo tra le religioni passa anche attraverso la cucina. Così raccontano la loro amicizia Rabi’ah Alhjhia, 44 anni, siriana mussulmana, operatrice sociosanitaria e mediatrice culturale e Dario Dalla Costa, 46 anni, insegnante di religione, membro dell’associazione “Incursioni di pace”.
«Una sura del Corano – racconta Rabi’ah – parla dell’idea della mensa e dice quanto importante sia il tavolo per le persone. Attraverso la cucina sono riuscita a raccontare un volto della Siria che non è solo guerra e povertà. Ho raccontato così il passato e il benessere che viveva prima questo popolo. Quella siriana è una cucina ricca e molto buona. È stato un modo per raccontare il popolo e nello stesso tempo avvicinarci al popolo italiano. Diciamo che vi ho preso dalla gola» commenta ridendo .
«Da più di 15 anni – racconta Dalla Costa – condividiamo un’amicizia che passa prima di tutto attraverso il quotidiano e che è cresciuta a partire dal 2012 con la stagione delle primavere arabe. Allora Rabi’ah, in quanto siriana, era una fonte di informazioni notevolissima e con lei abbiamo condiviso incontri pubblici molto significativi come quello al Super di Valdagno per 700 studenti dove è intervenuto anche padre Paolo dall’Oglio». Rabi’ah con il tempo è diventata un ponte per i siriani appena arrivati da noi con tutte le difficoltà legate alla lingua e agli usi e costumi . L’amicizia tra Dario e Rabi’ah è intanto cresciuta nella quotidianità. «Quando ci troviamo ci confrontiamo sulla vita ordinaria, sul modo di vestire, di mangiare, ma anche sulla preghiera e sul modo di vivere la fede. Quando vado da loro – prosegue Dario – io sono presentato come amico loro, per i figli divento in qualche modo come lo zio, che significa il fratello della mamma. Questo rimanda all’idea di un Padre unico che è la base dell’idea di fraternità».
Rabi’ah, da parte sua, racconta: «Come musulmana vivo la religione del comportamento: questo dice chi sono io. Posso pregare mentre lavoro. Anche aiutare una persona che sta male è una preghiera. Do, dunque, molta impotanza non solo al rito religioso». Rispetto alla sua vita in Italia osserva che «viviamo in un Paese dove ci sono tante religioni diverse e questo è una ricchezza». Ma sottoliena soprattutto un fatto: «Siamo tutti umani e abbiamo tutti le medesime esigenze».
Certo, fatiche e problemi nell’incontro ci sono. «Riuiscire a farsi accettare dagli altri – osserva – comporta fatica… Per una donna velata come me l’integrazione non è stato un percorso facile. Ma questa fatica ha portato buoni frutti e ad avere tanti amici. Ci sono persone che mi vedevano con il velo e non mi parlavano. Poi abbiamo fatto qualcosa insieme (ad esempio la Festa dei Popoli) e il rapporto è cambiato. Quando uno si spoglia della sua veste religiosa e ci si incontra dal punto di vista umano, ci troviamo tutti uguali e con la voglia di vivere in un Paese che ci ha dato anche delle possibilità importanti. Io prego, porto il velo, faccio il Ramadan ma ho lasciato ai miei figli la libertà di scegliere. Bisogna che ciascuno prima si avvicini a Dio attraverso la sua strada e poi viene anche il resto. Siamo tutti figli di un unico Dio».
L’incontro sottolinea da parte sua Dario, «deve fare i conti inevitabilmente con le diversità». Ci sono in particolare le differenze strutturali a partire dalla lingua. «Anche con Rabi’ah, con la quale ci conosciamo da molto tempo, la lingua può essere un ostacolo al di là della volontà dei singoli». «Poi è evidente – continua – che la propria identità religiosa ti porta a leggere il reale. E nel momento, per esempio, in cui si parla di Gesù o di Maria che è, per certi versi un patrimonio comune, quando i musulmani ne parlano in base alla loro religione e cultura, in me, inevitabilmente, c’è uno straniamento, perché la loro lettura non può che essere differente dalla mia. Accettare una lettura altra è la sfida che spetta a cristiani e musulmani in dialogo e che i fondamentalisti delle due tradizioni osteggiano».
«Il dialogo – conclude Dario – deve essere prima di tutto sulla vita. Per questo credo molto al dialogo nel quotidiano che passa attraverso un piatto, il racconto di un libro o di un viaggio, un’azione di volontariato fatta assieme. L’amicizia, poi, consente una stima previa che permette di superare anche eventuali incomprensioni».