«Annuncio del Vangelo, pace, dignità umana, dialogo: sono queste le coordinate attraverso cui potrete essere Chiesa che incarna il Vangelo ed è segno del Regno di Dio». È lo stesso Papa Leone XIV a fare sintesi del discorso che ha rivolto ai Vescovi italiani in occasione dell’udienza con la Cei di martedì 17 giugno nell’Aula della Benedizione, «che sta tra la Basilica e la Piazza – ha spiegato il Papa – ed è carica delle emozioni che hanno accompagnato i recenti avvenimenti. Infatti il Papa deve attraversarla per affacciarsi alla Loggia centrale. L’amato Papa Francesco l’ha fatto per il suo ultimo Messaggio pasquale Urbi et Orbi, che è stato il suo estremo, intenso appello alla pace per tutti i popoli. E anch’io, la sera dell’elezione, ho voluto riecheggiare l’annuncio del Signore Risorto: “La pace sia con voi!” (cfr Lc 24,36; Gv 20,19)».
Proprio la pace è una delle priorità indicata da Prevost ai Vescovi italiani. «La relazione con Cristo ci chiama a sviluppare un’attenzione pastorale sul tema della pace. Il Signore, infatti, ci invia al mondo a portare il suo stesso dono: “La pace sia con voi!”, e a diventarne artigiani nei luoghi della vita quotidiana. Penso alle parrocchie, ai quartieri, alle aree interne del Paese, al le periferie urbane ed esistenziali. Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione». «Auspico che ogni Diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro».
Papa Leone ha poi voluto soffermarsi sulle «sfide che interpellano il rispetto per la dignità della persona umana. L’intelligenza artificiale, le biotecnologie, l’economia dei dati e i social media stanno trasformando profondamente la nostra percezione e la nostra esperienza della vita. In questo scenario, la dignità dell’umano rischia di venire appiattita o dimenticata, sostituita da funzioni, automatismi, simulazioni. Ma la persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero. Mi permetto allora di esprimere un auspicio: che il cammino delle Chiese in Italia includa, in coerente simbiosi con la centralità di Gesù, la visione antropologica come strumento essenziale del discernimento pastorale. Senza una riflessione viva sull’umano – nella sua corporeità, nella sua vulnerabilità, nella sua sete d’infinito e capacità di legame – l’etica si riduce a codice e la fede rischia di diventare disincarnata». L’invito del Papa è anche quello di «coltivare la cultura del dialogo. È bello che tutte le realtà ecclesiali – parrocchie, associazioni e movimenti – siano spazi di ascolto intergenerazionale, di confronto con mondi diversi, di cura delle parole e delle relazioni. Perché solo dove c’è ascolto può nascere comunione, e solo dove c’è comunione la verità diventa credibile. Vi incoraggio a continuare su questa strada!».
Alla base di tutto questo, però, c’è una premessa imprescindibile, ovvero «uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Si tratta di porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede, al keryma. Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri: portare Cristo “nelle vene” dell’umanità (cfr Cost. ap. Humanae salutis, 3). E si tratta di discernere i modi in cui far giungere a tutti la Buona Notizia, con azioni pastorali capaci di intercettare chi è più lontano e con strumenti idonei al rinnovamento della catechesi e dei linguaggi dell’annuncio».
Andrea Frison
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