Mi sono chiesto ripetutamente in questi giorni che cosa avrei dovuto scrivere in questo mio primo editoriale come nuovo direttore de La Voce dei Berici. Qualcuno ha suggerito che dovrei presentarmi e raccontare come la vita (e il Vescovo) mi hanno portato a ricoprire questo ruolo. Sfortunatamente non sono mai riuscito a prendermi tanto sul serio da pensare di poter deliziare qualcuno con il mio curriculum vitae, o cursus honorum che dir si voglia. Del resto ho sempre ritenuto che la maggior parte dei guai nasca proprio perché la gente tende a prendersi troppo sul serio e basterebbero un po’ più di sana autoironia e di umiltà per vivere in un mondo più sereno e pacifico. Altri mi hanno consigliato di illustrare subito i progetti per il nostro settimanale. A parte che tutto è accaduto molto velocemente e per il momento devo ancora quasi capire come si accende il computer, non vi nascondo che alcune idee mi frullano per la testa, ma preferisco lasciarle scoprire a voi settimana dopo settimana (magari già da questo numero). D’altra parte sono convinto che il senso delle cose si nasconda sempre nel profondo, nei dettagli, nel lavoro quotidiano, lontano dai riflettori… e questo vale anche per la gloria di Dio, che è ben diversa dalla gloria degli uomini. Accetto i compiti e le responsabilità che questo nuovo incarico comporta, ma vi prego, chiamatemi “direttore” solo quando avete voglia di prendermi in giro (resto don Alessio e vorrei continuare ad essere un amico e un fratello per tutti voi, compresi Marta, Andrea, Roberta e Maurizio, preziosi e indispensabili collaboratori de La Voce). Precisate dunque le cose che non intendo dirvi, vorrei esprimere, invece, un grazie sincero al mio predecessore Lauro Paoletto per il lavoro svolto, per il suo amore alla Chiesa e per la disponibilità che mi ha dimostrato in questi giorni di cambiamento. Ringraziare poi il consiglio di amministrazione della Nuova Voce srl e il Vescovo Giuliano per la fiducia e la stima che stanno riponendo nella mia persona: spero vivamente non abbiano a pentirsene!
C’è una convinzione profonda, però, che mi ha sempre animato e che oggi vorrei condividere con voi, come programma per il lavoro che mi aspetta. Lascio che ad esprimerla sia uno dei miei scrittori preferiti, lo scozzese Bruce Marschall (1899-1987): “Padre Malachia aveva nozione che il mondo era un luogo triste e peccaminoso, che a Buenos Aires le ragazze si lasciavano sedurre ben prima dei vent’anni, che a Edimburgo i panni non erano tutti puliti, che a Parigi molti uomini avevano le amanti e che a New York si pensava più ai quattrini che alla salvezza dell’anima. Sapeva tutte queste cose perché era un uomo tra gli uomini. Ma sapeva anche che nel mondo vi sono molte virtù nascoste delle quali non si fa gran parlare perché al mercato del pettegolezzo sono quotate assai meno dei vizi. Sapeva che sulla terra vi sono molti santi sconosciuti, la cui fama non si sarebbe divulgata tra gli uomini finché il tempo non avesse ceduto il posto all’eternità. Uomini e donne bizzarri dediti a bizzarre occupazioni, che amavano il Signore: acrobati, tramvieri, marinai, operai, chirurghi e perfino qualche cardinale”. (‘Il miracolo di padre Malachia’, 1938).
Ecco io vorrei lasciare agli altri giornali raccontare i vizi tristi del mondo, e sogno che la nostra Voce conquisti invece sempre più lettori facendo conoscere, prima dell’eternità, la vita buona di tanti uomini e donne che credono nel Bene e ogni giorno si impegnano per un mondo più bello, giusto e fraterno.
E allora, che Dio ci aiuti… e buona lettura!
Alessio Graziani