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L’allarme dei medici: «La sanità pubblica sta crollando»

Michele Valente, presidente dell'Ordine dei Medici di Vicenza, ha cominciato il suo quarto mandato. «Per curarsi ormai bisogna mettere mano al portafogli. Ai medici deve essere assicurato più tempo per la relazione con il paziente».

20 Novembre 2024
in Territorio, In primo piano
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L’allarme dei medici: «La sanità pubblica sta crollando»

Foto di Online Marketing su Unsplash

«La sanità pubblica sta crollando. Il male più grande è l’aziendalizzazione spinta». È la predica che da almeno 10 anni ripete Michele Valente, presidente dell’Ordine dei Medici di Vicenza rieletto ai primi di novembre per la quarta volta con la maggioranza assoluta dei voti. Medico di base, 75 anni, sposato, una figlia. È in pensione dal 2o19, ma lavora ancora come libero professionista.

Dottore le liste d’attesa sono lunghe, c’è assenza di equità nell’accesso alle cure, se ne parla da troppo tempo, ma la situazione non migliora…
«Il Servizio Sanitario Nazionale sta attraversando una crisi profonda. Per curarsi gli italiani devono mettere mano al portafogli. Governo e istituzioni non lo ammetteranno mai, ma stanno facendo di tutto per privatizzare. A pensar male ogni tanto ci si azzecca».

Il Governo, la Regione cercano di intervenire con interventi spot.
«Sì, comprano le prestazioni da ambulatori privati, ma non sono qualititativamente adeguate, ad esempio fanno ecografie all’addome completo a distanza di 10 minuti una dall’altra. Ho ricevuto più di una segnalazione, in un caso non avevano visto un tumore al pancreas».

Per le aziende sanitarie conta davvero solo il budget?
«Sembra che conti solo il fatturato, bisogna rispettare il budget, i manager della sanità devono far quadrare i conti in modo ossessivo e schizofrenico. Hanno perso di vista l’obiettivo del Sistema sanitario che è la cura e il benessere delle persone».

I 136 miliardi assegnati dal Governo Meloni alla sanità sono la spesa più alta degli ultimi anni. Nonostante questo l’offerta diminuisce. Perché?
«Le cure costano sempre di più, alcune medicine – ad esempio quelle oncologiche – sono carissime, le aziende sanitarie investono in tecnologia ed edilizia. Gli anziani aumentano, i malati cronici aumentano, non si fa più prevenzione. Le risorse investite, seppur tante, non sono adeguate ai bisogni di oggi».

Soluzioni?
«La sostenibilità è un concetto elastico, so bene che non è possibile dare tutto a tutti, per questo bisogna dire chiaramente quello che spetta al cittadino. Servono trasparenza e chiarezza. È una questione di scelte. Se questa è la torta, bisogna definire le priorità e farlo con il buon senso. Perché continuare, ad esempio, ad investire in armamenti? Poi qualcosa si può tagliare: la spesa per le cure termali ad esempio. È interesse dello Stato avere un popolo sano. Un popolo sano consuma meno risorse, è più efficiente e c’è più coesione. E soprattutto c’è meno rabbia tra le persone».

A proposito di rabbia. Di recente sono aumentate le aggressioni ai medici in corsia e nei pronto soccorsi il Governo ha inasprito le pene… lei cosa ne pensa?
«Le persone non possono attendere 10-12 ore al pronto soccorso senza avere informazioni. La difficoltà ad accedere ai servizi è tanta, è complicato anche solo parlare con il proprio medico di base. La gente fa fatica, è arrabbiata e diventa aggressiva. Inasprire le pene non serve a nulla. Da medico dico che non possiamo militarizzare il sistema, non posso pensare di andare al lavoro con lo spry al peperoncino, siamo per la relazione d’aiuto. Serve più tempo per la relazione, il contrasto è lì. Oggi i medici sono soffocati dalla burocrazia e dalle procedure informatiche a discapito del rapporto con il paziente».

Un sorriso e una parola spesso sono più efficaci di una medicina…
«Non lo dica a me che credo fortemente nell’ascolto che guarisce. Il paziente non ha solo organi da riparare, ha anche un’anima, dei sentimenti. Lo ripeto sempre ai giovani medici».

In Italia i medici ci sono o non ci sono?
«Ce ne sono eccome, solo che non vogliono più lavorare nel pubblico. I turni sono massacranti, non c’è tempo per la famiglia. Preferiscono il privato, oppure scappano all’estero dove vengono pagati molto di più. Solo nel 2023 ne sono partiti 500. Da troppi anni in Italia le assunzioni sono bloccate».

E le aziende sanitarie tappano i buchi con i famosi “gettonisti”…
«Uno spreco immenso di soldi. Ad ogni turno i “gettonisti” guadagnano quattro volte quello che guadagna un medico assunto. Per far tornare i medici nel pubblico servono numeri e compensi adeguati».

Perché il sistema preferisce assumere gettonisti?
«È sempre una questione di conti da far quadrare, apparentemente. I gettonisti non rientrano nella voce “personale”».

Il Papa parla di “povertà sanitaria”.
«Due anni fa sono andato in udienza da lui con gli altri 105 presidenti degli Ordini dei medici italiani. Era preparato e preciso. Alcune fasce di popolazione non possono accedere ai servizi sanitari. Il Papa ha ragione».

Sempre più persone si “autocurano”. La fiducia nei medici è diminuita?
«Il sapere scientifico è all’apparenza diventato alla portata di tutti. Apri un sito e c’è ogni cosa. Bisogna fare molta attenzione alle pubblicità ingannevoli sui social, la recente morte di una giovane siciliana ce lo insegna. Bisogna informarsi bene. In caso di dubbi si può chiamare l’Ordine dei medici, vi darà informazioni precise».

È vero che ai medici viene ordinato dall’alto di calmierare le ricette, le prescrizioni ?
«Certo. Se sfori vieni richiamato. Se il medico prescrive troppe ricette in fascia B riceve la telefonata dagli amministrativi, dal Cup e viene invitato a farne di più in fascia C. Sopratttutto i medici giovani hanno paura. I pazienti a volte hanno ragione ad arrabbiarsi, ma i dottori hanno le mani legate».

Anche a Vicenza stanno aumentando le donne medico?
«Il nostro ordine cresce di 180 medici all’anno. Abbiamo sempre più donne. Tra gli under 40 i maschi sono 603, le femmine 834. Nella fascia 40-50 i maschi 159, le femmine 322. Anche per questo la professione deve diventare più sostenibile. È giusto che le dottoresse possano conciliare lavoro e famiglia».

Marta Randon

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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