“Bhinneka Tunggal Ika” è il motto dell’Indonesia, significa “Unità della diversità” e nell’Up di Dueville si porta a tradurlo in realtà, complice il fatto che nella canonica di Povolaro risiede una comunità di cinque suore di cui quattro sono proprio indonesiane, tutte under 35.
Si tratta di una comunità delle suore Serve di Maria di Galeazza, la cui responsabile, suor Fiorenza Matteazzi è originaria di Caldogno ed è arrivata a Dueville nel 2020. «Dal 2021 abitiamo nella canonica di Povolaro – racconta – e ci siamo messe a servizio dell’Unità pastorale. Quello che stiamo facendo capire è che non siamo le suore di Povolaro, ma di tutta l’Up».
Ma perché l’Indonesia ha scelto il motto “Unità nella diversità”? «L’Indonesia è una nazione a maggioranza musulmana, ma la convivenza delle differenze è principio costitutivo dello Stato – racconta suor Elisabeth -. Anche perché ci sono molte etnie e molte lingue, noi stesse parliamo lingue diverse. Questa per noi è una ricchezza che ci ha aiutato ad inserirci. In Indonesia abbiamo imparato cosa significa l’unità nella diversità. Per noi è una ricchezza enorme che ci ha aiutate molto ad inserirci anche qui, nell’Unità pastorale di Dueville».
Le religiose collaborano attivamente con i parroci nella cura pastorale delle quattro parrocchie che compongono l’Up (Dueville, Passo di Riva, Povolaro e Vivaro) e che hanno fatto proprio a loro volta l’obiettivo di essere sempre più “uniti nella diversità”. «In questi anni – spiega infatti il parroco moderatore don Fabio Ogliani – abbiamo cercato di far maturare l’Unità pastorale salvaguardando le singole comunità che continueremo a sostener anche quando, in futuro, l’Up diventerà un’unica parrocchia dal punto vista giuridico. Intanto, sulla spinta del cammino sinodale, iniziamo a collaborare con le realtà di Montecchio Precalcino e Levà, anche se non si tratta di una apertura “nuova”». L’Up di Dueville, infatti, è già da un po’ di tempo che tenta di «camminare in modo sinodale coinvolgendo i laici, attraverso il consiglio pastorale o i gruppi ministeriali – prosegue don Fabio -. Spesso, anzi, è proprio dal basso, dai fedeli laici che arriva la spinta a ritrovarsi all’interno di confini più ampi. Mol-te volte i laici sono più coraggiosi dei preti». A questo proposito, don Fabio segnala che «come preti facciamo fatica a pensarci in prospettiva. Finché si tratta di mandare avanti la nave tutto ok, ma quando si tratta di prendere decisioni per il domani facciamo fatica. Dobbiamo avere il coraggio di ripensare il nostro ministero. Sento necessario un cammino di formazione condiviso tra preti, laici e religiosi perché come preti abbiamo bisogno di un modo diverso di vivere e pensare il nostro ministero. Non possiamo ridurre il cambiamento ad un semplice “chi fa cosa”».
Su questa linea suor Fiorenza sottolinea che «a Vicenza ho trovato una Diocesi molto aperta e molto attiva, mi sono trovata in sintonia con questo spirito di ricerca. Nei laici ho visto un grande desiderio di esserci, di venire coinvolti e di dare il loro contributo di idee, pensiero e progettazione, non solo manovalanza».
Andrea Frison
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