È Natale, torniamo a Betlemme! Betlemme, questo villaggio a pochi chilometri da Gerusalemme che, come ci ricorda il Vescovo nel suo Messaggio natalizio, fin dal suo nome profuma di pane e di antiche profezie. Perché Dio viene a sfamare la fame dell’uomo, quella più atavica e profonda, fame infinita che non si placa finché non capisce d’essere fame d’Infinito.
Dio risponde a questo desiderio che abita il cuore dell’uomo e lo fa entrando nella storia dalla porta di servizio, nelle periferie dell’impero, lontano dai palazzi dal potere ed anche dai luoghi di culto. Entra nel mondo dalla parte dei piccoli, dei semplici, degli umili. I Magi porteranno incenso, ma il profumo del Natale è quello di una stalla. Siete mai entrati in una stalla? Da quanto tempo non vi entrate? Il calore e l’odore delle bestie vi si appiccica addosso, eppure ha qualcosa di familiare, antico, rassicurante. La memoria olfattiva percorre strade misteriose, accende a volte inaspettati ricordi lontani. Natale ha il profumo della cera delle candele, del muschio del presepe, del freddo umido e pungente della notte, di brodo e tortellini, della naftalina dei cappotti delle zie, dell’amido della camicia bianca appena stirata, del calore della casa dove, magari dopo tanto tempo, ancora ci si ritrova tutti insieme.
Betlemme è la casa di Piero che a 90 anni suonati accudisce con tenerezza infinita la moglie che dal suo letto già sorride agli angeli del cielo; Betlemme è la casa di Gigliola che parte la mattina presto con una sporta di tovagliette e federe ricamate per raggranellare qualche soldo per aiutare una figlia sfortunata e i suoi amati nipoti; Betlemme è la casa di Giovanni che tutte le sere, dopo il lavoro, aiuta i figli a fare i compiti e a prendere coraggio per affrontare la vita; Betlemme è la casa di Simone, che anziché prendersela con il Cielo perché è nato cieco, organizza eventi per aiutare altre persone non vedenti; Betlemme è la casa di Lorenzo e Cristina che il giorno di Natale si portano a casa una vecchietta della casa di riposo per pranzare insieme; Natale è la casa di Miriam che a 15 anni cerca di insegnare l’italiano ad una sua compagna di scuola straniera; Betlemme è il cuore di quel corridore che devia dal percorso di una marcia podistica per andare a mormorare una preghiera davanti ad un presepe, togliendosi il berretto; Betlemme è il sorriso di Giulia, cassiera al supermercato, che apre il suo portafoglio e aggiunge ciò che manca per pagare la spesa di un ragazzino di colore… i nomi sono di fantasia, ma le storie sono vere. Piccole storie di bene che non fanno rumore, che passano perlopiù inosservate, ma che, molto più numerose di quello che a volte pensiamo, sono attorno a noi e permettono a questo vecchio mondo di andare avanti, nonostante tutto. Storie “natalizie”, perché abitate da un Dio Bambino, un Dio piccolo, che nasce dove c’è chi crede nella forza del bene e che regala a questi suoi amici la gioia e la pace del cuore.
Natale è festa da vivere in famiglia certo, ma forse ancor di più è la festa in cui ricordarci che apparteniamo tutti alla stessa famiglia, quella umana, di figli e figlie amati da Dio, chiamati a generare a nostra volta nella storia la presenza del Salvatore, con gesti che profumano di casa, di brodo, di muschio e naftalina e insieme di cura, di fraternità e di speranza. Natale è la festa in cui fare famiglia con chi una famiglia non ce l’ha più. Non è dunque la famiglia del mulino bianco quella che celebra il Natale del Signore. Come a Betlemme, è forse una famiglia un po’ sgangherata quella che davvero accoglie il Salvatore. Un’umanità povera, imperfetta e ferita, ma che proprio per questo non ha paura di prendere in braccio quel Bambino che tende le braccia e chiede solo gli venga fatto un po’ di posto per donare il suo amore infinito.
Buon Natale di cuore, cari amici lettori, soprattutto a chi è rimasto o si sente solo, a chi è lontano dalla sua famiglia e a chi cerca ogni giorno di non lasciare solo nessuno.
Alessio Graziani, donalessio@lavocedeiberici.it
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Ho trovato queste parole scritte in modo molto semplice ma toccanti e vibranti al tempo stesso. Chi vi scrive e’ un laico che tuttavia non disdegna di ascoltare e fare proprie queste sagge parole.