Sono stati più di 18mila le capo e i capi dell’Agesci (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani) giunti a Verona dal 22 al 25 agosto da tutta Italia per la Route Nazionale Capi. Dalle quattro zone che fanno riferimento alla Diocesi di Vicenza sono partiti in 676: 76 dalla zona Colline del Brenta, 185 dalla zona Prealpi Vicentine, 192 dalla zona Vicenza Piccole Dolomiti e 221 dalla zona Vicenza Berica.
La Route è stata un grande momento di riflessione collettiva, con oltre 60 tra incontri, approfondimenti, momenti di formazione e dibattiti, per un totale di 220 relatori, con lo scopo di analizzare la realtà dei giovani di oggi e definire le sfide e il percorso dell’Associazione a 50 anni dalla sua fondazione.
«Sono rimasto molto colpito dal fatto che fossimo in così tanti uniti da un sogno comune – racconta Alessandro Gasparin, 27 anni, di Marano Vicentino, alla sua prima Route Nazionale da capo scout -. Giovani e adulti che parlano di felicità sembra una cosa un poi “naïf”, come ha detto il cardinale Zuppi durante la Messa conclusiva, ma non c’e niente di più concreto e sentito. È urgente saper fermarsi e discutere su cos’è la felicità in questo mondo e capire come concretizzarla. Mi ha colpito molto vedere il cantautore Roberto Vecchioni commuoversi per l’accoglienza che ha ricevuto e dire: “essere felici vuol dire sapere di essere nel cuore di qualcuno”». E nel cuore di un capo scout di sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze che fin dal primo incontro di gruppo vengono immaginati come «uomini e donne della partenza – spiega Alessandro -, ovvero il momento conclusivo del percorso formativo in cui si aderisce al servizio come scelta cristiana per eccellenza. Noi capi, aderendo al patto associativo, abbiamo il compito di di far crescere ragazzi ragazze come persone significative e felici».
«La Route di Verona è stata principalmente un momento di ascolto – spiega Giorgia Caleari di Vicenza, 55 anni, eletta lo scorso maggio Capo Guida d’Italia – che ci ha portati a confrontarci con il mondo esterno all’associazione, come hanno dimostrato le 64 tavole rotonde che hanno affrontato molti temi diversi, dall’ambiente, all’economia, alla spiritualità. Il senso di questi incontri era aprirci, darci tempo per ascoltare cosa vedono i nostri interlocutori, come ci vedono da fuori e come leggono questo tempo dalle loro diverse prospettive. Il lavoro che ci aspetta adesso come associazione, dalle comunità capi fino ai vertici nazionali, è capire come andare all’essenziale, quali sfide educative ci accompagneranno e individuare i passi da fare per educare i ragazzi le ragazze di questo tempo in modo significativo, come Agesci, dentro la Chiesa e nella società civile per lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato».
Andrea Frison