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Home Attualità Territorio

Violenza sulle donne, Case rifugio in Veneto a rischio chiusura

L’intesa Stato-Regioni obbliga a statuti “monotematici” e reperibilità h24 nei Centri anti violenza. «Vincoli troppo rigidi, così si taglia fuori chi lavora da anni con donne e minori» commenta Laura Sartori dell'associazione Co.Ra

19 Novembre 2025
in Territorio, In primo piano
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Violenza sulle donne, Case rifugio in Veneto a rischio chiusura

Le misure per proteggere le donne dalla violenza rischiano di rimanere azzoppate dall’intesa tra Stato e Regioni del 2022 che fissa i criteri che consentono l’apertura di centri anti violenza e di case rifugio. Il Veneto, sulla base della normativa regionale e nazionale attualmente vigente, in una recente rilevazione ha mappato 25 centri anti violenza e 37 case rifugio che beneficiano dei finanziamenti diretti della Regione. «Sulla base della nuova intesa, però, almeno 10 centri anti violenza e 25 case rifugio saranno costretti a chiudere, quasi la metà dei servizi censiti dalla Regione» denuncia Laura Sartori, psicologa della cooperativa La Esse di Treviso e presidente di Co.Ra., associazione nata tra enti del terzo settore che si occupano di accoglienza di donne vittime di violenza e dei loro figli.

«Il criterio più stringente introdotto dall’intesa è il requisito della prevalenza e esclusività delle attività di prevenzione e contrasto alla violenza di genere nello statuto dell’ente – spiega Sartori -. In questo modo rimarrebbero tagliate fuori decine di associazioni e cooperative che in questi anni si sono occupate di donne vittime di violenza, ma anche di comunità per minori, servizi di inserimento lavorativo, progetti educativi e molto altro, spesso integrando queste competenze tra loro a sostegno di percorsi per sostenere l’autonomia delle donne che si allontanano dai maltrattanti». Anche per i Centri anti violenza i criteri si sono fatti stringenti: a partire dalla reperibilità h24, «insostenibile se il servizio si regge sul lavoro di volontari», chiosa Sartori, per non parlare dell’indicazione di coinvolgere solo donne nelle attività di prevenzione, «una scelta che ci delude – taglia corto Sartori -. Quando andiamo nelle scuole a parlare di violenza di genere, il messaggio arriva molto meglio se lo facciamo donne e uomini insieme. Dobbiamo coinvolgere tutta la comunità nel contrasto alla violenza, non solo le donne».

Se l’intesa non ha ancora avuto gli effetti di uno “shut down” sulle realtà che non rientrano nei requisiti previsti è perché si è subito attivata, grazie all’attività di Co.Ra., una interlocuzione forte a livello regionale. Risultato, la scadenza entro la quale adeguarsi ai dettami della nuova intesa è stata prorogata una volta, poi due, poi tre. «Siamo al quarto anno di proroga, la scadenza stavolta è fissata a settembre 2026 – afferma Laura Sartori -. Ci sentiamo delusi, molto. Sembrava che tutto andasse bene e che si riuscisse ad arrivare alla modifica del testo. Ma niente, abbiamo ottenuto solo proroghe. È una situazione che rende difficile spingere sulla progettualità, ricevere finanziamenti, esistere».

«Oggi il femminismo contemporaneo prevede un approccio “intersezionale”, deve cioè essere aperto a tutte le differenze – conclude Laura Sartori -. Con questa intesa, rischiamo di azzoppare il sistema di accoglienza delle donne vittime di violenza e di fare passi indietro a livello culturale. Gli enti multi servizi sono una realtà dalla quale non si può tornare indietro. Altrimenti la violenza di genere rimane un tema “da donne”. ma la comunità deve cambiare tutta».

Andrea Frison

@ RIPRODUZIONE RISERVATA

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