Se un leader si riconosce da come sa usare la comunicazione, non si può non levare tanto di capello a Matteo Salvini. La velocità e l’intensità nell’uso dei vari social (da Twitter a Facebook) mostrano almeno due cose: che il vicepremier leghista deve essere dotato di uno staff per la comunicazione di prim’ordine (impossibile pensare che ci sia sempre e solo lui dietro a vari post e messaggi che a raffica giungono su cellulari e tablet) e che ha compreso più di altri che la gestione abile (e spregiudicata) della propaganda (forma molto particolare della comunicazione) può essere fondamentale per conquistare e mantenere il potere. Fino a questo momento il leader leghista si è mostrato di gran lunga più abile dei compagni di contratto, i 5 Stelle, che della rete dovrebbero essere per antonomasia i “guru”.
Matteo Salvini ha capito (come lo avevano colto vari leader del passato, più o meno appassionati alla democrazia) che la propaganda è tanto più efficace quanto più nel dare delle verità le trasforma anche in realtà. Su questo Matteo Salvini ha creato la sua fortuna politica e il suo successo. Si pensi a come ha giocato (e speculato) sull’idea di sicurezza e mancanza di sicurezza, di migranti e invasione di migranti e via citando. Non importa che i dati oggettivi indichino un calo dei reati comuni che la demografia dimostri che abbiamo bisogno degli immigrati. Salvini è riuscito a creare una realtà parallela e a dare quella verità che, stando ai numeri usciti dalle urne, molta gente vuol sentirsi dare. È una verità che estremizza, semplifica all’osso, spesso distorce la realtà. Il problema è che non sempre la propaganda ha dato esiti positivi e incoraggianti. Su questo sarebbe bene vigilare, esercitarsi a mantenere desto un fondamentale e mai sopprimibile spirito critico, per non perdere di vista ciò che davvero conta. Quanto la persona umana in quanto tale (prima e oltre la sua provenienza e la sua condizione giuridica) conta ancora? Quanto la dignità di una donna, di un uomo rimane sempre e comunque intangibile?
Il problema dei profughi, come quello dei migranti sono estremamente complessi e non si risolvono certo con gli slogan. Ma al di là di tutto, a questi disperati alla ricerca di un brandello di futuro più umano, riconosciamo ancora il diritto di avere dei diritti? Sono ancora (anche per la propaganda imperante) parte della nostra umanità? Su queste domande ci giochiamo la qualità del nostro futuro e anche il senso stesso di certa propaganda.
