Ha 22 anni, si chiama Laura Acerbi, abita a Pressana (provincia di Verona, Diocesi di Vicenza), zona rossa, e fa parte del team dell’Università di Padova che recentemente ha vinto il premio speciale “Best Entrepreneurship project”, a Parigi, partecipando al prestigioso concorso internazionale IGem dedicato alla biologia sintetica. Erano presenti 400 squadre, più di 4.000 partecipanti provenienti da oltre 50 Paesi del mondo. Il gruppo ha lavorato per un anno su due ceppi di batteri ingegnerizzati che, interagendo, sono in grado di eliminare i Pfas. «Per il momento è su base teorica, è una previsione, ma alla giuria è piaciuto molto», racconta Laura che si sta specializzando in biotecnologia industriale.
Il progetto “SurPfas”, coordinato dai docenti Livio Trainotti e Massimo Bellato, prevede di agire sulla filtrazione e sulla rigenerazione dei filtri utilizzati per depurare le acque contaminate da Pfas. «I due batteri producono enzimi capaci di spezzare, quindi eliminare i Pfas. Sono utili per depurare i filtri che vanno periodicamnete rigenerati. I nostri batteri non possono essere utilizzati direttamente nell’acqua perché, per legge, le sostante geneticamente modificate, sono vietate», spiega Laura.
Oggi per rimuovere le sostanze perfluoroalchiliche dalle acque viene usate la filtrazione su carboni attivi, che però richiede un notevole consumo di energia. «Con i nostri batteri l’eliminazione dei Pfas sarebbe più green perchè avverrebbe a livello biologico», puntualizza ancora la giovane biologa.
Il team di cui Laura fa parte è un esempio di come le nuove generazioni siano impegnate a rimediare ai danni commessi nel passato. «Noi con i problemi ci siamo nati – sottolinea -. Appartengo ad una generazione piena di risorse, volenterosa, che si interroga sui problemi del mondo che ha ereditato e cerca di porne rimedio, studiando, lavorando, impegnandosi».
«È stato interessantissimo toccare con mano temi concreti e cercare di risolverli. Spero che il progetto non si fermi, spero possa proseguire ed essere di aiuto al nostro territorio», conclude la giovane.
Marta Randon
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