“Siamo sudditi o figli?”. È l’interrogativo centrale della seconda udienza del Papa dedicata ai comandamenti. O meglio: alle “dieci parole”, come li chiamano gli ebrei. “Il mondo non ha bisogno di legalismo, ma di cura. Ha bisogno di cristiani con il cuore di figli”, ha concluso Francesco rivolgendosi ai 13mila fedeli presenti oggi in piazza, tra cui oltre 350 malati di Sla, salutati in Aula Paolo VI prima dell’udienza, che è terminata con l’esibizione degli artisti del Rony Roller Circus. Salutando i fedeli di lingua tedesca, il Papa ha chiesto di pregare per il suo viaggio di domani a Ginevra.
“Niente nella Bibbia è banale”, esordisce Francesco citando l’Esodo. “Decalogo” vuol dire “dieci parole”, e non a caso gli ebrei usano questa espressione per definire le tavole della legge. “Che differenza c’è fra un comando e una parola?”, chiede il Papa alla folla: “Il comando – la risposta – è una comunicazione che non richiede il dialogo. La parola, invece, è il mezzo essenziale della relazione come dialogo. Dio Padre crea per mezzo della sua parola, e il Figlio suo è la Parola fatta carne”. “L’amore si nutre di parole, e così l’educazione o la collaborazione”, la metafora scelta da Francesco: “Due persone che non si amano, non riescono a comunicare.
“Un dialogo è molto di più che la comunicazione di una verità”, e “i comandamenti sono un dialogo”, un bene che non consiste in cose, ma nelle persone che reciprocamente si donano, e non in maniera artificiale.
“Il serpente ha mentito, ha fatto credere che una parola di amore era un comando”, spiega il Papa a proposito del racconto della Genesi: “Il tentatore vuole ingannare l’uomo e la donna su questo punto: vuole convincerli che Dio ha vietato loro di mangiare il frutto dell’albero del bene e del male per tenerli sottomessi”. La sfida, allora, è questa: “La prima norma che Dio ha dato all’uomo, è l’imposizione di un despota che vieta e costringe, o è la premura di un papà che sta curando i suoi piccoli e li protegge dall’autodistruzione? È una parola o è un comando?”. La più tragica, fra le varie menzogne che il serpente dice a Eva, è la suggestione di una divinità invidiosa e possessiva.
“Il mondo non ha bisogno di legalismo, ma di cura.
Ha bisogno di cristiani con il cuore di figli.
Non dimenticatevi questo”, conclude Francesco.
“L’uomo – l’analisi esistenziale – è di fronte a questo bivio: Dio mi impone le cose o si prende cura di me? I suoi comandamenti sono solo una legge o contengono una parola per curarsi di me?”.
“Dio è padrone o Padre? Cosa pensate voi?”, chiede il Papa ai fedeli: “Dio è padre, non dimenticatevi mai questo, mai! Anche nelle situazioni più brutte, pensate che avete un padre che ci ama tutti”.
“Siamo sudditi o figli?”, l’altra domanda rivolta alla folla. “Questo combattimento, dentro e fuori di noi, si presenta continuamente”, la tesi del Papa: “Mille volte dobbiamo scegliere tra una mentalità da schiavi e una mentalità da figli”. “Lo Spirito Santo è uno Spirito di figli, è lo Spirito di Gesù”, ricorda Francesco: “Uno spirito da schiavi non può che accogliere la legge in modo oppressivo, e può produrre due risultati opposti: o una vita fatta di doveri e di obblighi, oppure una reazione violenta di rifiuto. Tutto il cristianesimo è il passaggio dalla lettera della legge allo Spirito che dà la vita”.
“Gesù è la Parola del Padre, non è la condanna del Padre”, esclama il Papa: Gesù è venuto a salvare con la sua parola, non a condannarci. “Si vede quando un uomo o una donna hanno vissuto questo passaggio oppure no”, assicura Francesco: “La gente si rende conto se un cristiano ragiona da figlio o da schiavo. E noi stessi ricordiamo se i nostri educatori si sono presi cura di noi come padri e madri, oppure se ci hanno solo imposto delle regole. I comandamenti sono il cammino alla libertà, perché sono la parola del Padre che ci fa liberi in questo cammino”.


