Un mese fa un ippopotamo si aggirava placidamente tra le case immerse nell’acqua di Kilomoni, sulla sponda nord del lago Tanganika, dove verranno ospitati i vicentini che il 18 agosto parteciperanno alla beatificazione di fratel Vittorio Faccin e padre Giovanni Didonè. «L’acqua del lago era talmente alta che l’ippopotamo è arrivato senza problemi. Poi abbiamo messo il filo spinato e non lo abbiamo più visto. Nel frattempo l’acqua è scesa, non dovrebbero esserci problemi per i vicentini, che verranno ospitati nelle nostre strutture». A parlare e padre Gianni Magnaguagno, missionario saveriano originario di Montecchia di Crosara arrivato per la prima volta in Congo nel 1983, quando aveva 26 anni.
Kilomoni si trova a due chilometri dalla frontiera con il Burundi e a sette dalla città di Uvira, dove il 18 agosto verranno proclamati beati fratel Vittorio Faccin (nato a Villaverla nel 1934) e padre Giovanni Didonè (nato a Cusinati di Rosà nel 1930), due missionari saveriani vicentini uccisi nel 1964 durante una delle tante rivolte contro il governo centrale che hanno punteggiato la storia del Congo dalla fine del dominio belga ad oggi. Con Faccin e Didonè vennero uccisi anche un altro saveriano, il bergamasco Luigi Carrara, e un prete congolese, Albert Joubert. I quattro sono stati riconosciuti martiri dalla Chiesa cattolica il 14 dicembre 2023. Alla beatificazione, che verrà celebrata nella cattedrale di Uvira, parteciperanno una trentina di Italiani provenienti dalle province di Vicenza, Padova e Bergamo. Tra i vicentini ci sarà anche il vescovo Giuliano che concelebrerà la Messa presieduta dal cardinale Ambongo Besungu Fridolin, arcivescovo di Kinshasa. Il Vescovo desidera «accogliere una forte testimonianza evangelica dai missionari che hanno offerto la loro vita nel nome di Gesù per servire un popolo che continua ad essere martoriato da conflitti. Questi nuovi beati sono un segno di grande speranza anche per i nostri giovani e certamente il loro sangue non è stato versato invano: anche grazie a loro la nostra Chiesa diocesana è una comunità generativa di nuovi giovani attenti alla missione».
A Kaminvira, quartiere di Uvira, è stata predisposta una cappella che accoglierà le reliquie dei 4 martiri, mentre le salme, per volontà delle comunità cattoliche locali, continueranno a riposare dove i missionari sono stati assassinati “in odium fidei”: Didonè e Joubert a Fizi, Faccin e Carrara a Baraka.
La morte dei missionari avvenne durante la “rivolta mulelista”, iniziata nel 1963 e capeggiata da Pierre Mulele contro il governo centrale, guidato da Joseph Mobutu dopo un colpo di stato avvenuto nel 1961. Il 28 novembre 1964, alle 14, davanti alla chiesa di Baraka si fermò una jeep guidata da un capo dei ribelli mulelisti, il colonnello Abedi Masanga, che intimò a padre Faccin di seguirlo. Al rifiuto del religioso il miliziano gli sparò un colpo in testa, riservando il medesimo trattamento a padre Carrara, accorso per soccorrere il confratello. In serata il colonnelso raggiunse la parrocchia di Fazi, contro il voloere dei suoi superiori, dove uccise Didonè e Joubert.
“I fatti – scrive il Dicastero delle Cause dei Santi – accaddero in un contesto ateo e antireligioso caratterizzato da un sottofondo magico-superstizioso che animava i Simba (come si chiamavano tra loro i ribelli, ndr)”. I tre saveriani e padre Joubert “erano stati testimoni dei tanti crimini dei ribelli Simba. Erano consapevoli dei rischi e la loro decisione di rimane al proprio posto nonostante tutto, conferma la loro disponibilità ad accettare il martirio pur di non abbandonare i fedeli e la missione. Il martirio è stato per tutti e quattro il coronamento di una vita spesa interamente per il Signore e per il prossimo”.
Andrea Frison