«Il lupo teme l’uomo. Se può, evita un rischio. Se c’è presenza umana assieme ai greggi di ovini, con ogni probabilità non ci saranno predazioni».
A parlare è Francesca Mor, biologa ed educatrice, che vive in Trentino, ai confini con il Vicentino, nel territorio compreso tra Folgaria e Luserna. Il lupo lo conosce da vicino: nell’area montana in cui abita è infatti stanziale un branco.
Nel Vicentino la presenza del predatore è attestata in almeno tre branchi — Monte Grappa, Altopiano dei Sette Comuni e Pasubio — e negli ultimi anni l’animale è stato avvistato sempre più in basso, anche nella pedemontana, in prossimità dei centri abitati.
Nel corso del 2025, tuttavia, le predazioni si sono quasi dimezzate, secondo i dati della Polizia provinciale.
«Le predazioni variano durante l’anno in base a molti fattori, tra cui il ciclo biologico dell’animale stesso. Il momento in cui sono più frequenti è quando ci sono i cuccioli, quindi intorno a luglio. Il lupo può avere anche otto o nove piccoli, che mangiano moltissimo. Per sfamarli facilmente, i genitori possono rivolgersi alle prede domestiche: per loro è un po’ come andare al supermercato», spiega la biologa.
Anche la popolazione dei lupi è soggetta a fluttuazioni. «L’anno scorso, a Levico, abbiamo avuto perdite notevoli: quattro animali morti per un caso di avvelenamento. Quello che spero — osserva Mor — è che il calo di predazioni nel Vicentino sia dovuto a un miglioramento delle misure di prevenzione. Mi auguro che non dipenda da una mancanza di cuccioli, ma dal fatto che l’animale sia stato disturbato o spaventato nei tentativi di predazione passati, imparando così a non ritornare. In natura il veterinario non c’è: il lupo, se può evitare, non va a rischiare».
Soprattutto, ribadisce la biologa, il lupo teme l’uomo. «Tenere un cane da guardia è una vera spesa per gli allevatori, lo sappiamo, soprattutto perché servirebbero razze come i maremmani o i pastori del Caucaso, con costi notevoli. Nel territorio in cui vivo c’è stata di recente una sola predazione, quella di una capra appartenente a un branco tenuto semi-brado. L’unica vera arma che azzera quasi totalmente il rischio — sottolinea Mor — è la presenza umana. Il lupo ci teme e noi siamo i suoi “competitor”, per usare un termine di moda. Sente a chilometri di distanza la voce e l’odore dell’uomo, e rimane lontano. Mi è capitato in passato di dover lavorare di notte: credo che, per mantenere greggi allo stato semi-brado, sia necessario che più pastori collaborino, organizzando dei turni».
L’abbassamento progressivo di quota dei branchi non sorprende la biologa. «Non è sceso in collina perché in quota tutte le prede sono state mangiate. È stato dimostrato che nella Provincia autonoma di Trento i caprioli sono molto aumentati. Uno studio del Muse suggerisce che la foraggiatura invernale da parte dei cacciatori favorisce prima gli erbivori, e poi i carnivori. L’idea che il lupo sia un animale esclusivamente di montagna è sbagliata — conclude Mor —. È un animale opportunista, che sfrutta qualsiasi territorio: prima occupa le zone più comode e poi passa alle “case popolari”. L’espansione del territorio è un processo naturale e progressivo».
Andrea Alba
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