Era il giorno dell’Epifania, domenica 6 gennaio 1963, e a Dueville l’aria frizzante d’inverno non aveva fermato nessuno. La chiesa arcipretale era piena per la Messa celebrata dal gruppo Asci insieme agli Adulti Scouts. Poi tutti, scout in divisa e famiglie, si erano spostati al cinema parrocchiale per la Giornata della Bontà , un appuntamento che quell’anno avrebbe lasciato un segno particolare. Sul palco, accanto alle autorità civili e religiose e a un gruppo di scouts americani guidati dal capitano Lemmon della Setaf, c’era una bambina di nove anni: Carmen Peruzzo. A lei veniva consegnato il «Premio della Bontà ».
La motivazione, riportata il 13 gennaio 1963 su La Voce dei Berici, raccontava una storia di responsabilità precoce: «Ha il padre invalido dal 1959, la mamma da solo tre mesi è occupata. La fanciulla cura la casa, durante l’assenza della mamma, sbriga le faccende, custodisce il fratellino di 4 anni e la sorellina di 6 con grande senso di responsabilità e dedizione. Nello stesso tempo riesce ad adempiere ai doveri scolastici così da dare un ottimo profitto».
A premiarla, davanti a un folto pubblico, era stato proprio il capitano Lemmon, capo degli scouts americani, che aveva colto l’occasione per rivolgere parole di incitamento alla bontà e alla fraternità . L’episodio era rimasto impresso nella comunità di Dueville: un riconoscimento pubblico a una bambina che, in un periodo di difficoltà familiari, aveva saputo affrontare con coraggio e senso del dovere un quotidiano fatto di studio, lavori domestici e cura dei fratellini più piccoli.
Sessantadue anni dopo, Carmen Peruzzo, che tutti oggi conoscono come Loretta, ha 72 anni, due figli e quattro nipoti. Quando le abbiamo mostrato l’articolo di allora, l’emozione è stata forte: «Mi sono rivista con quella faccia un po’ triste nella foto» racconta «perché a quella festa ero andata senza i miei genitori. Ero piccola, non conoscevo nessuno. Però è stata una bella esperienza, hanno aiutato la mia famiglia, in quei momenti ne avevamo bisogno». Ricorda bene anche la presenza dei lupetti, tutti in divisa, e l’attenzione che quel giorno le era stata dedicata: «Non ero abituata a tante persone attorno. Mi hanno accompagnata, premiata, riportata a casa. È stato qualcosa di in solito per me, che ero abituata a stare in famiglia e a occuparmi delle mie responsabilità quotidiane».
A nove anni Car men studiava, teneva la casa e si occupava dei fratellini: «Sono diventata grande pre sto» dice oggi con un sorriso sereno. Ripensando al Premio della Bontà , confida di averlo portato con sé per tutta la vita, anche solo per scherzare con i figli e i nipoti: «A volte glielo ricordo: attenti eh, che io ho preso il Premio della Bontà !».
La sua vita è stata semplice, fatta di lavoro, dedizione alla famiglia e alla comunità . Oggi è una nonna a tempo pieno: «Mi occupo dei miei nipoti, due maschi di 20 e 16 anni e due bambine di 9 e 4. Quando finiscono la scuola o i centri estivi vengono qui: sono felice di esserci per loro».
E ai ragazzi di oggi, cosa direbbe sull’essere buoni? Carmen ci pensa qualche istante e poi risponde con la franchezza che la contraddistingue: «Bisogna essere buoni, umili. Non sempre è facile, tanti non accettano i consigli. Ma credo che le cose belle nascano dai piccoli gesti quotidiani, dal prendersi cura de gli altri senza pensare solo a se stessi». Poi aggiunge, quasi a voler racchiudere in poche parole un’intera filosofia di vita: «Aiutare gli altri fa bene anche a sé stessi. Si vive meglio». Allora come oggi, la bontà ha il volto concreto di persone come Carmen, che con responsabilità e coraggio sanno fare la differenza rendendo migliore la comunità in cui vivono.
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Giada ZandonÃ
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