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Card. Parolin: «La Voce continui a riscoprire verità, bontà e bellezza»

16 Novembre 2020
in Speciale, In primo piano
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Card. Parolin: «La Voce continui a riscoprire verità, bontà e bellezza»

«In un tempo in cui è difficile esprimere la propria appartenenza, perché tutto è fluido e liquido, informare in un settimanale diocesano diventa motivo per riscoprire “la verità, la bontà e la bellezza”». Verità, bontà e bellezza sono tre parole che il Segretario di Stato vaticano card. Pietro Parolin, il 14 novembre scorso, ha utilizzato più volte parlando del «nostro settimanale diocesano». L’occasione è stata l’apertura dei festeggiamenti per i 75 anni con il convegno via web “La comunicazione della Chiesa ai tempi di papa Francesco”. Prima del Cardinale sono intervenuti altri due ospiti: l’onorevole Andrea Martella, sottosegretario all’Editoria (intervista sotto) e Chiara Giaccardi , docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano. Ha introdotto il presidente del Cda del settimanale Giandomenico Cortese e ha portato il suo messaggio il presidente nazionale della Fisc Mauro Ungaro. Ha chiuso i lavori il vescovo di Vicenza mons. Beniamino Pizziol.

«La Voce dei Berici – ha detto il Segretario di Stato – è uno dei mezzi grazie al quale sono rimasto in contatto con la mia diocesi da quando sono assente dai primi anni Ottanta, dopo la mia ordinazione sacerdotale». Parolin ha ripercorso la storia  della Voce a partire dal 19 agosto 1945, giorno in cui l’allora vescovo mons. Zinato, con la collaborazione di mons. Barbieri, fece uscire il primo numero: “Il quotidiano cattolico a carattere regionale non può bastare – scriveva Zinato nel primo numero – perché, per evidenti motivi, non può venire incontro a tutte le esigenze di una vasta diocesi come la nostra.  Ringrazio pertanto la divina Provvidenza che ci ha dato modo di attuare quanto era nel desiderio di tutti. Da qui i compiti del nuovo settimanale: illuminare, attrarre, guidare (…) alla luce degli insegnamenti della Chiesa”.

Due anni dopo, il 5 gennaio 1947, “La Verità” diventa “La Voce dei Berici”. «Il giornale – ha continuato Parolin -nacque in anni in cui si avviava la lenta e progressiva ricostruzione dell’Europa e dell’Italia». «Fu quello un momento nel quale il “popolo più che una parola – riprendendo un discorso dell’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Bergoglio – , è una chiamata, un invito a uscire dall’isolamento individualista, dall’interesse proprio e limitato, dalla piccola laguna personale, per rovesciarsi nell’ampio letto di un fiume che avanza, riunendo in sé la vita e la storia del vasto territorio che attraversa e a cui dà vita”».

“Risorgeva” in quegli anni anche l’esigenza di un’informazione capillare, fortemente radicata sul territorio, che – memore del Movimento cattolico sviluppato con la “Rerum Novarum” – potesse contribuire a formare le coscienze e a educarle alla vita democratica. «Fu fondamentale in quegli anni – ha detto il Segretario di Stato – l’apporto del nostro giornale nella tessitura del filo dell’informazione e della formazione. Alla vigilia del boom economico, il giornale diventa fonte di aggregazione e stimolo per cercare l’unità all’interno di visioni, alle volte contrapposte, ma mai conflittuali».

La Voce dei Berici nasce e cresce in quel tratto di storia segnato dalla speranza. Anni in cui «il settimanale ha contribuito a far fermentare la speranza non solo in un territorio preciso, Vicenza, ma anche nell’umanità che ha abitato questa terra». E questo, per Parolin, è l’aspetto più interessante e di maggior rilievo quando si parla d’informazione locale: «Pensare all’opinione pubblica non come a un’identità amorfa, ma con dei tratti ben precisi che corrispondono a quelli della nostra gente. Il servizio reso diventa, allora, capacità progettuale per essere sulla stessa lunghezza d’onda e generare il senso del territorio, il senso della diocesi, il senso della Chiesa».

In questi 75 anni il giornale cartaceo  ha dovuto fare i conti con l’avvento e la diffusione della tv, dei canali all news e dello sviluppo del digitale.

«Nell’attuale panorama mediatico, – ha sottolineato il Cardinale -, la stampa avrà futuro se saprà valorizzare le caratteristiche peculiari che gli altri mezzi, per loro natura, non hanno e non potranno avere, a cominciare dalla capacità di suscitare riflessione, con tempi dilatati che consentono l’elaborazione del pensiero critico e ritmi personalizzati».

«È necessario – ha precisato – scoprire ogni giorno, con creatività e originalità, come essere fedeli all’intuizione originaria». Con la consapevolezza che «i settimanali cattolici rappresentano ancora oggi un riferimento in molte diocesi e non devono mai perdere di vista quell’impegno all’evangelizzazione che è tracciato nel Magistero della Chiesa. Devono lavorare nella riscoperta del gusto dell’incontro e nel completo rispetto dell’altro».

«Anche un giornale – con la cronaca, l’approfondimento, le interviste, le notizie date – può e deve essere punto attrattivo e diffusore di una visione positiva della vita. Quella visione che viene da una Parola che si fa carne, ancora oggi, nei fratelli che soffrono, nei bisognosi, nei malati, in tutte le persone che subiscono “la cultura dello scarto”. Come è nella cultura dei settimanali diocesani, rinnovate la promessa a essere “voce di chi non ha voce”».

Un pensiero, poi, è andato alla delicata professione del giornalista, in particolare del professionista cattolico. «Il giornalismo, oggi, ha bisogno d’interpreti credibili, che sappiano distinguere loro stessi la verità dalla verosimiglianza. È qui che l’essere cattolico diventa non un aggettivo, ma un sostantivo, cioè che dà sostanza al lavoro, lo conforma o, almeno, dovrebbe conformarlo alla propria fede».

Il lavoro dei giornalisti cattolici necessita di studio, sensibilità, esperienza, come tante altre professioni, «ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza; e questo ci rende particolarmente vicini, perché la Chiesa esiste per comunicare proprio questo: la Verità, la Bontà e la Bellezza “in persona”».

«Vi invito a far sì – ha concluso Parolin- che La Voce dei Berici non resti solo un settimanale diocesano eccellente, ma si trasformi sempre più in un laboratorio creativo di cultura e di prossimità».

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