Cittadini che si fanno avvocati di sé stessi, per ottenere dalla sanità pubblica le visite prescritte entro i tempi previsti. Senza dover rivolgersi alla sanità privata. È partito dall’Alto Vicentino e si è diffuso in tutto il Veneto, in appena un anno, il fenomeno degli sportelli “Diritto alle Cure”. Oggi sono 54, riuniti nel coordinamento CoVeSaP: ogni sportello è un gruppo di volontari che assiste altri cittadini nello stilare un ricorso in autotutela, a norma del decreto 502/1992, segnalando formalmente all’azienda sanitaria che la priorità indicata nella prescrizione non è stata rispettata. Quindi le 24 ore per l’urgenza (U), 10 giorni per il codice B (breve), 30 giorni per il codice D (differita), 60-90 per il codice P (programmata).
«Nell’Alto Vicentino abbiamo presentato all’Ulss Pedemontana 175 ricorsi. Nell’80 per cento dei casi è seguita una risposta dall’azienda sanitaria e la visita è stata fissata» sottolinea Orianna Zaltron (comitato Sanità Pubblica Alto Vicentino ). «I tempi di attesa più lunghi, ben oltre la prescrizione, spesso li riscontriamo in psichiatria e dermatologia – osserva Zaltron – in particolare la prestazione con l’attesa più lunga è la prima visita di Neuropsichiatria Infantile. Lo sottolineo perché è particolarmente importante, a tutela dei più piccoli: la diagnosi precoce è fondamentale nel percorso che permette a un bimbo che ne ha bisogno di ottenere un insegnante di sostegno. Se però la visita viene fissata dopo un anno e ci vuole un altro anno per l’iter burocratico di assegnazione dalla scuola, l’esito è che dei bambini in cui già alle materne si sarebbe potuto intervenire hanno il sostegno solo dopo due anni. Alle elementari».
Più di un anno fa i volontari altovicentini si sono informati dettagliatamente sull’operato di un analogo comitato lombardo, di Lodi, che utilizza questa modalità per ottenere il rispetto dei tempi di prescrizione da parte della sanità pubblica. «L’obiettivo è duplice – riprende Zaltron – da un lato informare cittadine e cittadine sui propri diritti; l’altro è stimolare le aziende Ulss e la Regione a tro vare soluzioni sulle liste d’attesa». CoVeSaP ha elaborato una metodologia di lavoro, che ogni comitato ha adattato alla propria realtà. In un anno gli sportelli si sono moltiplicati. Sono 54, presenti in tutte le province (in particolare Verona) con oltre 200 volontari impegnati. In tutto, da maggio 2024 a maggio 2025 il coordinamento in Veneto ha registrato 2146 ricorsi documentati. «Le prestazioni diagnostiche ambulatoriali sono divise in due tipologie, le prime visite che sono finalizzate a formulare una diagnosi e hanno una priorità, poi le visite di controllo quando si tratta di monitorare l’andamento di una patologia già diagnosticata» osserva la volontaria.
Da normativa l’autotutela è la facoltà dell’amministrazione pubblica di rivedere i propri atti, per correggere errori o irregolarità, e può essere esercitata anche su istanza di parte (in questo caso, degli utenti delle Ulss). Il ricorso è gratuito e viene presentato dal comitato e dal cittadino assieme, formalmente via posta elettronica certificata, quando le tempistiche indicate non risultano rispettate (per info comitatosanitapubblicaav@ gmail.com, tel. 3514865937). Se più di frequente le prestazioni che a livello veneto sono oggetto di ricorso sono cardiologia, oculistica e diagnostica per immagini, colpisce anche il dato di quelle che, stando alle informazioni dei comitati, sono più difficili da ottenere: per psichiatria, dermatologia, chirurgia vascolare si aspetta mediamente dai 140 ai 180 giorni. «Si ricorre anche nei casi in cui, pur a seguito della chiamata al Cup da parte dell’utente, la richiesta di prenotazione non era stata presa in carico – precisa Zaltron – in altre parti del Veneto è accaduto».
Il ricorso in buona parte dei casi ha sbloccato una situazione di stallo. «Nonostante il miglioramento dell’ultimo anno, però, rimangono ancora attese importanti in particolare nelle prime vi site con priorità D e P. Ancor più sui monitoraggi. Per queste prestazioni non esistono percorsi chiaramente codificati: è un grosso problema. In conclusione – chiude la volontaria – vediamo che con l’azione del ricorso in autotutela molti veneti hanno vinto il proverbiale riserbo e si sono spinti a fare un’istanza per ottenere qualcosa che spettava loro di diritto. Si tratta in particolar modo di un’utenza anziana, che ha bisogni sanitari seri e che non può permettersi di pagare il privato. L’alternativa per questi è rinunciare alle cure: non è accettabile. Ma ci sono anche tanti che hanno sempre avuto fiducia nel Servizio sanitario nazionale e vogliono averla ancora».
Andrea Alba
© RIPRODUZIONE RISERVATA


