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«Il 23 febbraio digiuneremo per la pace»

5 Febbraio 2018
in Chiesa, In primo piano
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«Il 23 febbraio digiuneremo per la pace»

Aveva voluto diffondere, a fine 2017, una foto dal forte impatto emotivo: un bambino solo, scalzo, sulla spalle il fratellino morto nell’esplosione nucleare di Nagasaki. Sul volo che lo sta portando in Cile e Perù Francesco torna a parlare di questa fotografia: “Mi sono commosso quando ho visto questo e ho voluto scrivere: il frutto della guerra”. La fa distribuire ai giornalisti mentre rivolge un appello, serio e preoccupato, per le tensioni presenti in diverse aree del mondo, soprattutto tra Corea del nord, Stati Uniti e Giappone: “Ho paura di una guerra mondiale nucleare, siamo davvero al limite. Si siamo al limite, basta un incidente. Non si può far precipitare la situazione. Dobbiamo eliminare gli armamenti nucleari”. Sappiamo invece come, proprio in questi giorni, la nuova strategia nucleare americana preveda altre armi da realizzare per mantenere una supremazia rispetto all’altra superpotenza nucleare, la Russia.

La terza guerra mondiale a pezzi. È l’altra espressione che Francesco ha più volte usato per ricordare i tanti conflitti, noti e meno noti, che si consumano oggi nel mondo. Per fermare questi conflitti l’unica via è gridare con forza che la pace è possibile.
Paolo VI ha parlato, nel 1965, ai leader mondiali alle Nazioni Unite: mai più la guerra; “non gli uni contro gli altri, non più, non mai”. Quindi, citando il presidente John Kennedy, aggiungeva: “L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità”.
Giovanni Paolo II ha voluto ad Assisi, i leader religiosi per la prima giornata di preghiera per la pace. Vi parteciparono 50 rappresentanti delle Chiese cristiane e 60 delle altre realtà religiose: “Preghiera, digiuno, pellegrinaggio. Questa giornata di Assisi – disse il 27 ottobre 1986 parlando dalla piazza inferiore del Convento di Assisi – ci ha aiutato a divenire più coscienti dei nostri impegni religiosi. Ma ha anche reso il mondo, che ci ha seguito attraverso i mezzi di comunicazione, più cosciente della responsabilità di ogni religione nei confronti dei problemi della guerra e della pace. Forse mai come ora nella storia dell’umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace”.
Ad Assisi per pregare per la pace Giovanni Paolo II è tornato altre due volte: Papa Benedetto ha voluto nella città di Francesco leader religiosi e coloro che si definiscono atei. Francesco è ad Assisi il 26 settembre 2016; l’appello per la pace ha la voce dei leader religiosi e chiama il mondo a un impegno per fermare la vendita delle armi.

Preghiera per fermare la terza guerra mondiale a pezzi. Una pace, dice Papa Francesco, anch’essa fatta di piccoli pezzi: una pace “vissuta, testimoniata, cercata, invocata, creduta da uomini e donne, leader religiosi e semplici credenti che non si arrendono al paganesimo dell’indifferenza”. Come la giornata vissuta in Vaticano, per pregare per la fine delle tensioni in Medio Oriente, all’indomani del viaggio a Gerusalemme. O la veglia di preghiera per fermare il conflitto in Siria: “Guerra e violenza hanno il linguaggio della morte”.

Così all’Angelus, nella domenica in cui la liturgia ci fa conoscere, con Marco, un momento della vita privata di Gesù, con i suoi discepoli, nella casa di Simone, Papa Bergoglio propone una nuova giornata di preghiera e digiuno per la pace, il 23 febbraio prossimo, primo venerdì di Quaresima. Parla in piazza san Pietro, Francesco: “Davanti al tragico protrarsi di situazioni di conflitto in diverse parti del mondo”. La Giornata sarà offerta “in particolare per le popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan”. Invita anche “i fratelli e le sorelle non cattolici e non cristiani ad associarsi a questa iniziativa”. Il Signore ascolta sempre “i suoi figli che gridano a lui nel dolore e nell’angoscia: risana i cuori affranti e fascia le loro ferite”. Possiamo pregare per la pace, dice ancora, ma ognuno “può dire concretamente ‘no’ alla violenza” perché “le vittorie ottenute con la violenza sono false vittorie; mentre lavorare per la pace fa bene a tutti”.

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