La glaciazione demografica sta già lasciando evidenti problemi nel contesto economico locale, problemi con i quali, se anche si invertisse la tendenza domani (cosa non propriamente realistica, purtroppo) bisogna attrezzarsi per fare i conti. Concretamente tra 15 anni nel nostro Vicentino che ha fondato la propria fortuna sul manifatturiero mancheranno almeno 50mila addetti nei vari comporti e nei diversi livelli di responsabilità.
È il risultato che emerge dalla ricerca, realizzata dal Centro Studi Cisl Vicenza coordinato da Stefano Dal Pra Caputo e Francesco Peron con la quale sono stati analizzati i dati sull’andamento demografico nella nostra provincia nell’ottica del ricambio generazionale nel mercato del lavoro. Il quadro che emerge è quanto mai preoccupante che prefigura posti vuoti nelle fabbriche, negli uffici, negli ospedali, dietro i banconi dei bar e nelle cucine dei ristoranti. Un esercito di figure essenziali per garantire la tenuta del nostro sistema economico e sociale che un poco alla volta, una dopo l’altra, scompaiono senza essere sostituite.
Questo dato eÌ€ il frutto da un lato dell’invecchiamento della popolazione e dall’altro della riduzione della popolazione giovanile. L’effetto combinato dei due fenomeni porta a questo risultato che impone secondo la Cisl di rivedere concretamente e sostanzialmente il tema dei flussi migratori.Â
«È necessario che riusciamo finalmente a guardare a questo tema non in modo ideologico come si è fatto spesso, ma in modo concreto, pragmatico – è la premessa del segretario generale Raffaele Consiglio -. Il problema del ricambio generazionale nel mercato del lavoro è profondamente legato alla questione demografica che da anni pesa sul nostro Paese. I dati della ricerca evidenziano un altro elemento che rende il tutto, se possibile, ancora più grave: la velocità di questi fenomeni».
Stefano Dal Pra Caputo e Francesco Peron che hanno curato la ricerca spiegano che «dopo essere costantemente in crescita per numerosità tra il 1982 e il 2012 (passando da 726.389 abitanti a 863.323), negli ultimi 10 anni la provincia berica ha perso circa 10.500 residenti (852.861 nel 2022). A questa riduzione in numeri assoluti si accompagna una significativa redistribuzione percentuale delle fasce di età ».Â

«Le prime avvisaglie di questo che si preannuncia come un vero e proprio tsunami – osserva Consiglio -, le abbiamo già con le ormai note difficoltà a ricoprire molte posizioni lavorative e se non interveniamo ora rischiamo di non garantire la continuità di molte attività economiche e servizi essenziali ». Secondo il segretario provinciale della Cisl c’è sicuramente un tema nazionale innanzitutto di sostegno alla natalità . Ma quello su cui Consiglio pone l’attenzione e per il quale lancia un appello agli interlocutori politici e istituzionali riguarda la politica sull’immigrazione e la gestione dei flussi che così com’è oggi non funziona. «Il saldo migratorio nella nostra provincia – nota il segretario Cisl – sta peggiorando. Questo significa che l’attrattività del nostro territorio agli occhi dei lavoratori anche italiani provenienti da altre zone è oggi un valore poco percepito. Questo segnala al riguardo un problema di narrazione che deve essere affrontato. Il problema è serio e bisogna affrontarlo al di fuori di logiche ideologiche. Non si può affermare – come fa qualcuno – che la mancanza di manodopera la si risolve facendo lavorare chi percepisce il reddito di cittadinanza. Nella nostra provincia i nuclei familiari che lo percepiscono sono poco meno di tremila. Se anche immettessimo duemila di queste persone nel mercato del lavoro il problema resterebbe tutto. Quello che serve è un accordo territoriale per gestire i flussi migratori. Dobbiamo sapere che lavoratori servono e fare accordi con i paesi dai quali provengono». Oggi, osserva ancora Consiglio, abbiamo il paradosso che i migranti che arrivano (come i richiedenti asilo) vorrebbero lavorare, ma non possono».Â
Il tema dunque è sul tavolo e con esso l’urgenza di trovare una soluzione perché il tempo corre e le necessità di manodopera crescono a livello di lavoratori non specializzati, ma anche di quadri e dirigenti. Il benessere e lo sviluppo del Vicentino dunque passa per una concezione nuova della gestione dell’immigrazione. A qualcuno verrà a amancare un tema politico con cui alimentare le paure, ma l’alternativa è che l’economia berica arretri in modo pesante con conseguenze gravi per tutti.Â


