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«Veniteci a trovare!» è l’invito di don Aldo Martin, rettore del “Seminario Insieme”

Il 29 settembre ha preso il via a Sarmeola (PD) l'esperienza che coinvolge 20 seminaristi delle Diocesi di Vicenza, Padova, Chioggia e Adria-Rovigo

6 Novembre 2025
in Diocesi
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«Veniteci a trovare!» è l’invito di don Aldo Martin, rettore del “Seminario Insieme”

Ha compiuto il primo mese l’esperienza del “Seminario Insieme” e, come per ogni “neonato”, è tempo per un primo bilancio di crescita. Sono in tutto venti i seminaristi (tra loro anche un croato) provenienti dalle Diocesi di Vicenza, Padova, Adria-Rovigo e Chioggia che dallo scorso 29 settembre hanno dato vita a questa nuova comunità formativa con sede a Sarmeola, comune alle porte della città del Santo, dove la Diocesi patavina ha realizzato “Casa Madre Teresa”, struttura per l’accoglienza diurna di persone malate di Alzheimer.
Al terzo piano dell’edificio ha trovato casa il “Seminario Insieme”: non ancora un seminario interdiocesano – che richiederebbe una serie di approvazioni dal Vaticano – ma la cura del percorso formativo dei preti condivisa tra le quattro Diocesi che hanno messo in piedi il progetto.
Cinque sono i seminaristi vicentini presenti: Marco Vicentin di Chiampo, Filippo Nassi di Cornedo (che quest’anno formativo lo trascorrerà a Pesaro, in una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII), Nicolò Luisetto di Povolaro, Emanuele Zonato di San Bonifacio e Luca Dalla Costa di Schio.

Casa Madre Teresa, centro per persone con Alzheimer che ospita il “Seminario Insieme”.

Gli ambienti di “Casa Madre Teresa” sono stati pensati per ospitare una struttura socio-sanitaria, ma già dopo il primo mese di vita del “Seminario Insieme”, attraversando i corridoi e le stanze della comunità, si comincia a respirare un’aria più casalinga e familiare. A partire dall’immancabile sala ristoro, attrezzata di macchina per il caffè, biscotti e altre bevande che tradiscono l’inclinazione tutta veneta allo spritz macchiato, alla quale nemmeno un seminario può rinunciare.

È qui che incontriamo il rettore della comunità, don Aldo Martin, vicentino, già rettore del Seminario teologico di Vicenza, biblista e docente alla Facoltà teologica del Triveneto.

Don Aldo, com’è stato questo primo mese di rodaggio?
«È stato un mese segnato soprattutto dagli impegni “logistici”, dal trasloco dei seminaristi dai rispettivi seminari, dall’avvio della vita scolastica e della vita comunitaria. Quello che stiamo cercando di fare, e tutti sono coinvolti in questo, è attrezzare questo ambiente per farlo diventare familiare e sentirlo come una casa».

Com’è organizzata la settimana dei seminaristi?
«Tutte le mattine, e il mercoledì anche di pomeriggio, i seminaristi frequentano le lezioni alla Facoltà teologica di Padova. Il venerdì non c’è lezione, ma una giornata dedicata alla formazione, con attività come il ritiro che abbiamo vissuto il 31 ottobre. Il lunedì sera si tiene la riunione della comunità, il martedì sera la lectio divina e il giovedì sera l’adorazione eucaristica».

Con che atteggiamento le sembra che i seminaristi stiano vivendo questa nuova esperienza?
«Percepisco un clima di fraternità, favorito anche dal lavoro degli educatori, con i quali siamo al lavoro da tempo per far partire con il piede giusto questa comunità. Tra i seminaristi c’è molto desiderio di fare amicizia e conoscersi. Va detto che molti di loro già si conoscono, per la frequentazione della Facoltà teologica e per aver partecipato al Giubileo dei seminaristi a Roma».

Da chi è composta l’equipe dei formatori?
«Oltre a me, c’è il vice rettore don Maurizio Rigato, il padre spirituale don Giovanni Molon e l’educatrice suor Lia Pasquale. A parte il sottoscritto, provengono tutti dalla Diocesi di Padova, ma non c’è nessun tipo di campanilismo. All’equipe si aggiunge l’associazione Buon Pastore, che ha in capo la gestione economica del Seminario Insieme, presieduta da don Luca Borgna della Diocesi di Adria-Rovigo».

Certo che, per un Vescovo, affidare la cura dei seminaristi a una realtà “esterna” alla propria Diocesi è un passo importante. È stato difficile farlo?
«Io credo che, su iniziativa dei loro quattro Vescovi, le Diocesi coinvolte abbiano fatto ciascuna un passo indietro per fare, tutte insieme, un passo in avanti. La regola d’oro alla base di tutto questo è la fiducia reciproca. Credo inoltre che quattro Diocesi che si mettono insieme per un progetto come questo stiano intraprendendo un cammino sinodale, che potrà aprire a future collaborazioni. In questo senso è interessante che sia presente anche un seminarista della Diocesi di Vittorio Veneto, a prescindere dalle scelte che farà in futuro il suo Vescovo».

Un seminario così concepito aiuta anche a riflettere sulla figura del prete?
«Io credo che sia necessario ripensare l’organizzazione pastorale su una scala più ampia, ma più che “ripensare” preferisco utilizzare la parola “ri-radicarsi”. La vera novità della Chiesa è rimanere radicata nelle radici fondamentali: Gesù, il Vangelo, la preghiera, la vita fraterna, la capacità di collaborare con gli altri. Sono queste le coordinate dalle quali ogni comunità deve ripartire».

Nel caso di Vicenza, la comunità di teologia si trovava all’interno del Centro Onisto, dove hanno sede gli uffici di pastorale e l’Azione cattolica. Un’occasione per un contatto continuo con la realtà diocesana per i seminaristi, che ora è venuta meno. Questo rappresenta un problema?
«I contatti diretti con le rispettive Diocesi sono venuti meno, è vero, e bisogna trovare il modo per mantenerli, anche se il venerdì i seminaristi tornano nelle comunità dove svolgono le rispettive esperienze pastorali. Diciamo che scegliendo di avviare il Seminario Insieme si è deciso di dare maggiore rilevanza alla vita di comunità, all’esperienza domestica».

Questo passaggio non poteva essere l’occasione per sperimentare diverse modalità formative? Per esempio, come avviene in Francia, inserendo la comunità in una canonica significativa?
«L’idea comunque richiederebbe uno sforzo organizzativo non dissimile da quello che stiamo facendo qui. Inoltre, è molto difficile, per dei parroci, prendersi in carico anche la formazione dei seminaristi. Ma il problema di fondo è un altro».

Quale?
«Che quando parliamo di “seminario” abbiamo in testa quello di cinquant’anni fa. Il seminario non è più così: è una realtà con le porte spalancate rispetto ad allora. La gerarchia tra formatori e seminaristi, pur nel riconoscimento dei ruoli, è saltata; ci sono ospiti che vanno e vengono; il venerdì sera i seminaristi tornano a casa o in parrocchia; durante la settimana hanno la possibilità di partecipare a iniziative e incontri culturali.
Non è più un mondo chiuso, il seminario. Chi ha ancora delle riserve ci venga a trovare, venga a cenare con noi. Ma anche chi vuole semplicemente conoscerci: veniteci a trovare!».

Andrea Frison

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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