Cento giorni per presentare una richiesta d’asilo. È il tempo medio che la Questura di Vicenza impiega dal momento in cui un cittadino straniero esprime la volontà di presentare la domanda, al momento in cui la domanda viene formalizzata. Un tempo in cui un migrante che arriva in Italia bisognoso di protezione internazionale rimane in balìa degli eventi. La formalizzazione della domanda d’asilo consente infatti di ottenere un permesso di soggiorno temporaneo che permette di accedere al servizio sanitario nazionale, sottoscrivere un contratto di lavoro, acquisire un domicilio, non venire espulsi come immigrati irregolari. Per questi motivi la pratica amministrativa dovrebbe svolgersi con rapidità, entro 3 giorni lavorativi o al massimo 13 giorni in caso di arrivi eccezionalmente “consistenti e ravvicinati”, come previsto dal d. lgs. 25/2008.
A Vicenza, invece, il tutto avviene con tempistiche bibliche, per stessa ammissione della Questura che a febbraio 2024 ha risposto ad una serie di accessi civici presentati da alcuni avvocati di Asgi e Cadus (rispettivamente Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione e Camera avvocati per i diritti umani e degli stranieri). «Abbiamo chiesto informazioni precise su dati, numeri, accessi, risorse per la gestione delle pratiche – racconta Chiara Pigato, avvocata bassanese di Asgi -. Rispondendo alle nostre richieste la Questura ha ammesso un ritardo importante rispetto a quanto previsto dalla norma, con una media di cento giorni per formalizzare la domanda».
La richiesta di asilo deve avvenire o alle autorità di frontiera o alla Questura. Presentandosi agli uffici, viene compilato un modulo che “dovrebbe” (il condizionale è d’obbligo), permettere di ricevere immediatamente un permesso di soggiorno provvisorio finché la domanda di protezione internazionale non viene accolta o rifiutata, decisione che spetta non alle Questure, ma alle competenti Commissioni territoriali. «Quello che succedeva a Vicenza è che alle persone che manifestavano la volontà di fare domanda d’asilo veniva chiesto di prendere appuntamento inviando una Pec – spiega Pigato -. E già questo è un grosso limite, perché significa doversi rivolgere ad un avvocato o ad un’associazione che possa svolgere questo servizio. Non dimentichiamoci che si tratta molto spesso di persone in gravi condizioni di vulnerabilità, con percorsi di vita e di viaggio molto difficili e con necessità di cure mediche».
Gli avvocati di Asgi e Cadus, nel 2024, hanno presentato una diffida preliminare, chiedendo alla Questura di risolvere 13 casi specifici, poi effettivamente risolti «ma si tratta di una piccolissima parte dei casi effettivi». Quante sono in tutto le domande in ritardo? Centinaia. Basti pensare che la Questura ha raccolto 576 domande nel 2022, 1.182 nel 2023 e 164 nei primissimi mesi del 2024. «Si tratta di domande presentate spontaneamente – spiega Pigato – i dati non conteggiano gli ucraini giunti in Italia con un permesso di protezione temporanea o gli immigrati inseriti nei Centri di accoglienza che fanno tutto un altro percorso. Sono conteggiati, per esempio, venezuelani, colombiani, nigeriani, afghani o kosovari arrivati in Italia con un visto turistico e che non sono inseriti in nessuna rete d’accoglienza».
Quello di Vicenza non è un caso isolato. Rimanendo in Veneto, criticità analoghe sono state riscontrate a Venezia, «dove l’accesso fisico era problematico, costringendo le persone a lunghe file di ore o a trascorrere la notte davanti agli uffici della Questura, a Mestre, per non perdere il posto».
Sulla base di queste premesse, il 7 marzo 2025 sono stati presentati al Tar del Veneto due ricorsi collettivi (una sorta di class action) contro le Questure di Venezia e Vicenza, accusate di ritardi sistematici nell’accesso alla procedura di protezione internazionale. Le organizzazioni ricorrenti (Asgi e Cadus per Vicenza, mentre per Venezia si sono aggiunte le associazioni Emergency e Lungo la rotta balcanica) chiedono al Tribunale Amministrativo Regionale di “ordinare alle Questure di Venezia e Vicenza di ripristinare la funzionalità amministrativa e di adottare le misure necessarie per garantire il rispetto dei termini di legge e dei diritti delle persone che intendono richiedere protezione”.
La prima udienza si è svolta il 17 settembre. «Dopo la notifica del ricorso – riferisce Pigato – la Questura ha iniziato a mettere in atto misure per ridurre i ritardi, decentrando alcuni uffici a Bassano e snellendo alcune procedure». Il Tar però chiede di fare qualche passo in più. La scorsa settimana, il 24 settembre, il Tar del Veneto ha anzitutto confermato la propria competenza territoriale, rigettando l’eccezione dell’avvocatura dello Stato che avrebbe voluto spostare la causa innanzi al Tar del Lazio. In secondo luogo, il tribunale amministrativo ha emesso due ordinanze (per Vicenza e per Venezia) chiedendo alle due Questure di “dare prova – si legge sul sito di Asgi, dove sono disponibili i testi delle ordinanze, ndr – dei presunti miglioramenti nelle tempistiche di formalizzazione delle domande di asilo, ma pretendendo la dimostrazione dell’adozione di misure strutturali per superare la palese inefficienza nelle procedure di registrazione delle domande di asilo”. La prossima udienza si terrà a marzo 2026.
di Andrea Frison
© RIPRODUZIONE RISERVATA