
Nella situazione di incertezza che stiamo vivendo il Papa ci indica la necessità del discernimento come strada per capire cosa lo Spirito stia suggerendo tanto nella vita della singola persona quanto in quella della nostra Associazione. “Lo Spirito parla e agisce attraverso gli avvenimenti della vita di ciascuno, ma gli eventi in se stessi sono muti o ambigui, in quanto se ne possono dare interpretazioni diverse. Illuminare il significato in ordine ad una decisione richiede il percorso di discernimento” (I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Documento preparatorio al XV Sinodo dei Vescovi)
Proprio perché gli avvenimenti della vita hanno una loro ambiguità il primo passaggio da fare è quello di imparare a riconoscere gli effetti che tali fatti hanno nella vita della persona. Il cuore umano è continuamente sollecitato da molteplici stimoli che rischiano di sballottare la persona come una foglia d’autunno portata dal vento. Nonostante le buone intenzioni e i propositi che possono nascere da quelle che vengono chiamate “esperienze forti” quali un campo scuola, un’esperienza di servizio, un momento di ritiro spirituale, nella concretezza dell’ordinario sappiamo tutti della fatica nel mantenere fede a quell’intuizione che ha anche solo per un momento riscaldato il nostro cuore. Che fare allora?
Credo che il punto di partenza sia quello di imparare a fare il punto sulla propria vita cogliendone in essa un intreccio reale di salvezza. Fare memoria della propria della storia (in Azione Cattolica abbiamo ben 150 anni di storia da ricordare), vuol dire acquisire la consapevolezza dell’importanza di ogni singolo passaggio perché in esso è contenuto un potenziale di vita, un appello che merita di essere riconosciuto e ascoltato. In questo sappiamo di inserirsi nella tradizione più antica della Chiesa. Già Evagrio Pontico nel 399 ricordava: “Se vuoi conoscere Dio devi prima conoscere te stesso” e prima di lui Clemente di Alessandria nel 211 scriveva: “Conoscere se stessi a quanto pare, è l’insegnamento più grande fra tutti. Infatti chi conosce se stesso conoscerà Dio”. Se l’uomo è immagine di Dio il conoscere se stessi vuol dire riconoscere Dio che si riflette in lui.
Credo che si inserisca in questa logica il richiamo associativo all’adesione. Aderire vuol dire collocare se stessi nell’orizzonte più ampio di un gruppo di credenti che si aiutano a leggere e a riconoscere la propria vita come storia di popolo che si pone al servizio della Chiesa per far crescere il Regno. Aderire diventa così la scelta di un cristiano adulto che non può pensarsi da solo e che insieme ad altri battezzati sente la bellezza e la gioia di scoprire l’appello del Vangelo che diventa vita nelle scelte ordinarie di ogni giorno. Aderire è accettare di non capire fino in fondo le cose e chiedere aiuto in un lavoro condiviso per vedere meglio e più in profondità secondo i gemiti dello Spirito.
Aderire è gesto creativo e generativo che diventa lode, stupore, impegno.

