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Dopo quasi 200 anni i frati minori lasciano l’ospedale San Bortolo

10 Giugno 2021
in Diocesi
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Dopo quasi 200 anni i frati minori lasciano l’ospedale San Bortolo

Gli ultimi frati cappellani dell'ospedale San Bortolo di Vicenza. Da sinistra fra Giovanni Patton, fra Giuseppe Amante, fra Luciano Baron, il frate guardiano fra Giuseppe Bonato e fra Tiziano Pugliese

Il primo aprile 2024 sarebbero stati 200 anni. 200 anni di prezioso ed appassionato servizio all’ospedale San Bortolo di Vicenza. Domenica 13 giugno, alle 10.30, il vescovo Beniamino e la diocesi di Vicenza salutano i Frati Minori Francescani di San Lucia che dal 1824 erano i cappellani del nosocomio cittadino con una messa nella chiesa di San Bartolomeo, una delle più belle del capoluogo. Prenderà il loro posto don Michele Giuriato, 36 anni, per cinque anni vicario parrocchiale nell’U.p. Valli Beriche.

I frati hanno concluso la loro opera il 30 maggio scorso. Entro fine agosto lasciano il convento di Santa Lucia e di conseguenza la cappellania e il consiglio pastorale dell’ospedale. In questi quasi 200 anni i francescani hanno garantito almeno una messa al giorno celebrata alle 7 nella cappella del Farina nel cuore dell’ospedale, assistenza spirituale a malati e al personale sanitario, formazione. La lunga storia dei Minori a Vicenza è iniziata con l’arrivo degli Osservanti e in seguito dei Riformati, appunto l’1 aprile 2024, “ricevendo la benedizione dell’autorità ecclesiastica e la soddisfazione della cittadinanza” come riporta la cronaca del tempo. Una storia lunga due secoli che ha visto generazioni di frati succedersi accanto ai malati. 

Leggi anche: “San Francesco lascia Vicenza”

Il primo in servizio fu fr. Basilio da Recoaro, seguito dai padri Gaudenzio Pigato e Francesco Antonio Mercante da Vicenza. Negli anni Ottanta la Fraternità del San Bortolo era composta da sei frati. Sono sei anche nel 1997. Dal 2014 al 2019 si riducono a quattro. Gli ultimi sono il frate guardiano fr. Giuseppe Bonato, fr. Giovanni Patton, fr. Tiziano Pugliese e fr. Luciano Baron quest’ultimo impegnato per 28 anni. Nel 2021 si sono ridotti a tre (fr. Giovanni è stato trasferito nell’ospedale di Brescia), con l’aiuto una volta la settimana di un frate di San Pancrazio.

«Nel 1993 mi sono unito ad altri quattro frati che già operavano a tempo pieno, dimorando all’interno dell’ospedale – racconta frate Luciano -. Celebravo la messa, a chi lo richiedeva impartivo i vari sacramenti: penitenza, comunione, il battesimo ai neonati a rischio vita e l’unzione degli infermi. Tante persone sono state occasioni di colloqui carichi di vita.  Il nostro servizio è stato fonte di gioia, consolazione e tanta riconoscenza». «Il momento più dificile era entrare nelle stanze dei malati, provavo imbarazzo – racconta invece fr. Tiziano -. Poi, con gli anni, colui o colei che incontravo sono stati scuola di vita. La malattia ha il dono di farci fermare per poter guardare la strada che stiamo percorrendo e se è necessario ritrovare quella giusta».

«Siamo molto dispiaciuti della partenza – commenta il vicario generale don Lorenzo Zaupa -, ma capiamo le loro esigenze. I frati hanno svolto un eccellente servizio, con grande disponibiltà e passione. Sostituirli è stato molto laborioso, ma per il Vescovo il mondo della salute, soprattutto dopo l’utimo anno e mezzo, è fondamentale. In ospedale è necessario essere presenti come chiesa e come cristiani: malati e familiari sono ben disposti a una parola di fede, a una pagina del Vangelo, anche chi è meno praticante». «Oggi più che mai – riflette don Giuseppe Pellizzaro, direttore dell’Ufficio della pastorale della Salute della diocesi di Vicenza -, bisogna inventare una modalità nuova di presenza in ospedale con l’aiuto dei laici. I sacerdoti da soli non ce la fanno. È il tempo che l’assistenza spirituale in nosocomio sia espressione di chiesa con la presenze di laici sensibili, capaci di colloquio e sostegno».

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