Ufficialmente non si è trattato di una Giornata Mondiale della Gioventù. Dopo quella di Lisbona nel luglio 2023, il prossimo appuntamento internazionale dei giovani cattolici sarà quello in Corea del Sud, a Seul, nell’estate del 2027. Eppure delle Gmg il Giubileo dei Giovani che si è svolto a Roma la scorsa settimana ha avuto tutte le caratteristiche, a partire dai numeri (un milione di partecipanti provenienti da 146 diversi paesi del mondo), dal programma (catechesi dei vescovi, liturgia penitenziale, veglia e Messa con il Papa, con l’aggiunta del passaggio di almeno una Porta Santa), dai momenti di festa e soprattutto per il clima che si è respirato. Un clima di gioia, fraternità, preghiera, dialogo, ricerca di Dio, aiuto reciproco e rispetto che ancora una volta ha scaldato il cuore dei partecipanti e ha stupito gli osservatori esterni.
Da eventi come questi si torna immancabilmente trasfigurati, davvero con una speranza rinnovata, un senso di fiducia ritrovata, un desiderio di vivere bene o almeno meglio di quanto si fosse fatto prima di partire. Ed è stato tutto fuorché rilassante: dormire per terra, mangiare in qualche modo, fare lunghe code, anche di ore, solo per poter fare una doccia veloce, compiere lunghi cammini sotto il sole o la pioggia… si torna a casa cotti, per non di re stravolti. Eppure nella gioia e con la nostalgia di un’amicizia nata spontanea con tutti, nonostante le diversità di lingua, cultura, abitudini.
I giovani scoprono e sperimentano una fraternità possibile a partire dalla fede condivisa. Questa è forse l’esperienza più forte di tali raduni internazionali. E questo dona fiducia nel futuro, risveglia i sentimenti migliori, sprona a mett6ere la vita a servizio del bene, di ideali alti, a non accontentarsi di essere consumatori famelici e distratti, come tanti invece li vorrebbero. Questi giovani che nel 2025 si autodefiniscono con orgoglio sorprendente “la gioventù del Papa” (i lettori più anziani negli anni ’50 avranno cantato di certo “Bianco Padre che da Roma”, ma intanto il mondo è profondamente cambiato) sorprendono e forse un poco imbarazzano chi pensa che la Chiesa viva un inesorabile declino o che alle nuove gene razioni la fede e la spiritualità proprio non interessino. Perché il Giubileo dei Giovani, come accade in genere per tutte le Gmg, è stata un’invasione pacifica e rispettosa di una città (senza problemi di ordine, sicurezza, vandalismi che altre manifestazioni giovanili, a partire dai derby, portano quasi inevitabilmente con sé); colorata di tutti i colori e le bandiere del mondo (e anche questo colpisce se paragonato al dark imperante ad esempio nei concerti rock dove tutti vestono di tonalità scure); in cui si passa velocemente e ripetutamente dall’allegria del ballo e della festa al raccoglimento della preghiera o al colloquio di una confessione. Certo, se – come è stato fat to da molti – paragoniamo il Giubileo dei Giovani di quest’anno a ciò che fu Tor Vergata nel 2000, apoteosi del pontificato di Giovanni Paolo II, un calo di presenze va registrato. Ma passata la generazione dei cosiddetti Millennials (i nati tra il 1981 e il 1995 che forse maggiormente hanno vissuto un distacco dalla Chiesa), i giovani di oggi sembrano più sensibili a recuperare i valori dello spirito e un senso di appartenenza su basi religiose.
Secondo un recente studio compiuto dalla Bocconi di Milano la Generazione Z (i ventenni di oggi) ricercano soprattutto semplicità, stabilità, socialità e sostenibilità. Valori che effettivamente sono molto affini a quelli di una vita dal sapore evangelico e che possono rendere per loro, ma soprattutto con loro, la Chiesa una casa di nuovo accogliente per tanti. A patto che la smettiamo di dire che i giovani sono il nostro futuro e permettiamo loro di essere invece il nostro presente.
Alessio Giovanni Graziani, donalessio@lavocedeiberici.it
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