Dieci incontri in altrettante zone della diocesi. In ognuno una veglia di preghiera e il giorno dopo l’appuntamento con il vescovo Beniamino. Almeno 1500 i giovani coinvolti. Moltissimi gli spunti, le domande, le critiche, le osservazioni dei giovani confluite nei dieci luoghi.
È il grande patrimonio di questa seconda tappa del cammino verso il Sinodo dei Vescovi sui giovani del prossimo ottobre. Un patrimonio che rappresenta le voci dei (non di tutti, ma comunque di molti) giovani vicentini rispetto al loro percorso di ricerca, alle attese nei confronti della Chiesa, alle fatiche con il mondo adulto. Da qui la Chiesa vicentina riparte per tracciare i prossimi passi. Per un primo bilancio a caldo abbiamo incontrato nella nostra redazione Matteo Refosco e Laura Pigato della Pastorale giovanile diocesana.
«Da una prima sintesi – dice Laura Pigato – vediamo che si delineano tre questioni. Innanzitutto il linguaggio, intenso sia nella dimensione rituale (la messa, i sacramenti ma anche il modo che la Chiesa ha, come adulti, di interagire). Per i giovani il modo di parlare è incomprensibile o comunque molto lontano. Un altro nucleo è quello degli adulti significativi. Giunge fortissima la richiesta di avere adulti di riferimento credibili che aiutino a crescere. C’è poi la terza dimensione della richiesta di fiducia e di spazio nella Chiesa, che non sia solo uno spazio del fare. Deve essere uno spazio di crescita, dove mettere in atto la propria ricerca e uno spazio non giudicante».
«Qui – aggiunge Matteo Refosco – si gioca anche lo stile dell’accoglienza: a volte la comunità accoglie se rientri nei suoi parametri e invece il giovane vuole essere accolto lì dov’è anche con il suo cammino di fede».

Cosa vi ha sorpreso di più?
Matteo: «Innanzitutto l’originalità della proposta: le commissioni zonali hanno fatto proposte una diversa dall’altra e ci hanno messo passione e testa. Mi ha colpito molto positivamente l’atteggiamento del Vescovo che è sceso anche dal quel ruolo che porta, inevitabilmente, con sé. La sensazione dei giovani è stata così di avere un compagno di viaggio».
Che giovani hanno partecipato alla proposta?
Laura: «Giovani che già bazzicano l’ambito ecclesiale. Questo dipende dal tipo di proposta e dal modo con cui l’abbiamo lanciata».
Matteo: «In premessa va tenuto conto che il giorno precedente l’incontro con il Vescovo c’era la veglia che, in tutte le zone, è stata più partecipata dell’appuntamento del sabato. Questo fa venire il dubbio che non sia stata sfruttata l’occasione in cui il giovane davvero poteva liberamente dire il suo parere e le sue critiche al Vescovo e alla Chiesa».
Rispetto alla mancata partecipazione di giovani esterni al circuito ecclesiale che riflessioni si possono fare?
Laura: «Nel rivolgersi ai giovani non ecclesiali ha pesato ancora in modo più forte il fattore del linguaggio. Anche come Pastorale giovanile siamo consapevoli che trovare il modo per incrociare persone che sono laterali o esterne agli ambienti ecclesiali è una domanda per la quale non abbiamo ancora una risposta e che ci accompagnerà nei prossimi anni».
Matteo: «Resta il fatto che gli adulti si sono messi seriamente in ascolto dei giovani. Già questo è un risultato importante. Abbiamo riscontri molto positivi degli incontri dei consigli pastorali in cui erano invitati i giovani. Va poi ricordato quello che abbiamo fatto con le scuole, attraverso anche l’Ufficio Irc, incontrando gli studenti durante le ore di religione. Hanno risposto in massa in particolare le scuole del bassanese. Abbiamo incontrato 700 giovani di quarta e quinta. Erano stupiti che il mondo adulto e un’istituzione come la Chiesa si mettessero in ascolto del loro parere. Questo è stato il messaggio più bello che è stato recepito».
Quali indicazioni emergono per il futuro?
Laura: «Sicuramente tornare a lavorare con i consigli pastorali a livello locale e pensare come continuare questo dialogo per farlo diventare una prassi pastorale nelle comunità . Un’altra direzione su cui muoverci è esplorare altri linguaggi e altri mondi quali lo sport e il cinema. La sfida è di non lasciare cadere questo patrimonio. I giovani non vedono l’entusiasmo del mondo adulto che fa loro delle proposte. Questo interroga noi e come stiamo incarnando quello in cui crediamo».
Matteo: «C’è il bisogno di fare, come Chiesa, delle scelte concrete. Facciamo tutte queste proposte ma alla fine deve succedere qualcosa, perché, altrimenti, rischia di passare un anno come gli altri. Per questo servono scelte concrete, anchesemplici, ma che evidenzino che la Chiesa sta camminando e andando incontro ai giovani, mettendosi in discussione rispetto a quanto è emerso. Ciò che proponiamo come Chiesa deve, inoltre, avere un senso. Il giovane deve trovare senso per andare a messa, se non trova un senso non ci va. Il precetto non esiste più da tempo. Anche la messa stessa, per il linguaggio che ha e per la sua ritualità , non può più essere il momento iniziale della conversione, forse è la tappa finale. Dobbiamo riflettere molto di più su quello che sta prima, senza darlo per scontato».
Che aspettative avete voi rispetto al lavoro dei Vescovi?
Matteo: «C’è un piccolo cortocircuito in questa proposta del Sinodo da come dovrebbe essere ufficialmente a come il Papa la sta pubblicizzando dove sembra sia il Sinodo dei giovani sulla Chiesa. Sarà interessante come le due cose si amalgameranno».
Laura: «Già sarebbe un risultato se non ci fossero filtri in quello che arriva al Sinodo e nel modo di ascoltare dei Vescovi. Sarebbe importante, poi che mettessero davvero i giovani al centro del loro discorso e non i giovani come tema o questione sociologica. I giovani facilmente diventano un alibi per non parlare di qualcosa d’altro. Quando diciamo che il mondo giovanile è fragile, incostante, dimentichiamo che questi giovani sono figli di una generazione fragile, incostante … Stiamo attenti a non fare dei giovani il capro espiatorio dei mali della società ».



