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Home Itinerari

Giardino Jacquard Oasi tra le fabbriche

11 Aprile 2021
in Itinerari
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Giardino Jacquard Oasi tra le fabbriche

Nelle foto, alcuni scorci del giardino.


Commissionato da Alessandro Rossi, è stato realizzato tra il 1859 e il 1878.

Tra le città del nord Italia in cui sono presenti delle testimonianze di archeologia industriale si distingue Schio. La storia della cittadina scledense, infatti, è strettamente legata alle vicende produttive e familiari della famiglia Rossi. All’inizio del XIX secolo Francesco Rossi avviò un eccellente processo di industrializzazione e il figlio Alessandro, nel corso dell’800, portò lo sviluppo manifatturiero locale a livelli altissimi.

La suggestiva testa del coccodrillo.

Per chi visita Schio è possibile intraprendere un vero e proprio itinerario dell’archeologia industriale partendo da piazza Alessandro Rossi con l’Omo, il monumento dedicato dal grande imprenditore ai suoi tessitori, passando per l’ex Lanificio Conte, la maestosa Fabbrica Alta, il nuovo quartiere operaio e altri luoghi simbolo. Ma è il Giardino Jacquard la vera chicca che contraddistingue questo percorso. Situato in via Pasubio, di fronte alla Fabbrica Alta, è stato commissionato da Alessandro Rossi e progettato dall’architetto Antonio Caregaro Negrin tra il 1859 e il 1878.
Adattato alla particolarità orografica dell’area e ben inserito nella zona di sviluppo industriale circostante, al tempo il Giardino Jacquard era un’oasi ricreativa per la nuova comunità di lavoratori tessili cittadini. Il suo ingresso si apre in asse con la porta tuscanica del lanificio Francesco Rossi, a sottolineare il legame del sito con la fabbrica.
A sinistra dell’elegante cancellata troviamo la tettoia degli operai che accoglie, in un’edicola in stile lombardesco, il busto marmoreo di Francesco Rossi dedicatogli dal figlio. Di fronte all’entrata la statua in bronzo di Alessandro Rossi realizzata da Achille Alberti saluta il visitatore assieme a una magnolia di origine cinese e una palma circondata da calle e banani ornamentali che delimitano l’ampio prato centrale.

A destra, verso sud-est, il giardino è chiuso dalla scenografica facciata del Teatro Jacquard, dove alle finestre inquadrate da fasce rosse si alternano 12 medaglioni in terracotta che raffigurano personaggi illustri della storia di Schio. In origine questa costruzione ospitava un magazzino e una piccola abitazione per il custode, ma nel 1869 il piano superiore fu trasformato in teatro per le rappresentazioni degli operai e quello inferiore in un centro culturale con un caffè, una biblioteca, una sala musica e una scuola serale.
Accanto al teatro troviamo un’altra statua in pietra: il busto di Sebastiano Bologna, socio fondatore del lanificio con Francesco Rossi. Da qui, tra una sequoia e un cipresso del Portogallo, appare un elemento fondamentale del giardino, ovvero la serra caldo umida. Vi si accede dai lati con alcuni gradini in pietra locale. Grazie alla stufa di maiolica, al sistema di areazione e alla posizione protetta dai venti di tramontana consentiva la conservazione delle piante più delicate. In particolare la serra era destinata alle orchidee, grande passione di Alessandro Rossi e dono per i clienti più affezionati.
Appena dietro a questa struttura troviamo il ninfeo che funge da porta d’accesso a un percorso mitologico e romantico tra passaggi coperti, grotte, scalinate e giochi d’acqua (ora non più presenti) in cui erano state poste varie sculture tra l’esotico e il classico ed evocazioni dell’antico castello di Schio distrutto nel 1413.
L’estremo sfondo del giardino è costituito dalla cinquecentesca chiesetta di San Rocco, esterna alla recinzione, a cui Caregaro Negrin aggiunse un campanile neogotico per sottolineare lo sviluppo ascensionale del giardino. Scendendo dai giardini pensili verso il lato nord-ovest ci si ritrova davanti a una testa di coccodrillo in pietra, animale considerato sacro dagli Egizi e collocato qui per ricordare la loro abilità nella tessitura. Dall’altro lato, invece, si erge la torretta ottagonale che era in origine adibita a servizi igienici della tessitura. Da qui si aprono due sentieri: uno che affianca la recinzione e prende avvio da tre esemplari di sequoia, mentre un secondo che è segnato da un boschetto di tassi. Lungo dei vialetti, tra azalee, rododendri e magnolie, si arriva all’uscita.


Pensato come spazio ricreativo per gli operai tessili, il suo ingresso si apre sulla porte del lani cio Rossi per evidenziare la continuità tra i due luoghi.

 


L’architetto.

Il 13 giugno 2021 saranno trascorsi duecento anni dalla nascita avvenuta a Vicenza di Antonio Caregaro Negrin. Nato da Domenico Caregaro e da Maddalena Negrin, entrambi provenienti da famiglie di capomastri. Fu introdotto all’architettura grazie a un corso di disegno tecnico e ad alcuni suoi insegnanti che, intuendo le sue potenzialità, gli impartirono lezioni private. Riuscì ad avviare una propria impresa edile e nel 1846 arrivò la ‘consacrazione’ della sua attivià professionale con il restauro del Teatro Olimpico. Convinto patriota, durante i moti del 1848 – interrotta temporaneamente l’attività di architetto – si adoperò per la difesa di Vicenza, progettando alcune costruzioni difensive. Alla caduta della città, riparò a Venezia, quindi viaggiò in Italia e all’estero riprendendo la sua attività di architetto diventando il progettista di fiducia di Alessandro Rossi, per il quale eseguì numerose opere nell’Alto Vicentino, pur continuando a lavorare anche per la sua città natale dove morì il 26 dicembre 1898.

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